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Adda passà a nuttata B -Tragedies |
Meridiano Zero nasce nel 1995 a
Sassari per volontà di un gruppo di artisti provenienti da diversi campi che si
incontrano sul terreno comune della ricerca teatrale
La compagnia ha sempre portato avanti
progetti, anche, in campo sociale, occupandosi di didattica teatrale all'interno
di scuole, carceri e strutture psichiatriche, privilegiando il rapporto
di scambio culturale e mantenendo alta l'attenzione sul disagio e la
marginalità.
Le ultime produzioni riguardano una trilogia shakespeariana trash B-TRAGEDIES.
Nata come desiderio di commistione fra linguaggi diversissimi, spazzatura e lirismo poetico, il risultato è stato una riscrittura di Macbeth in ADDA PASSA' A NUTTATA e un disorientato Amleto in SEARCH&DESTROY. In Preparazione THIS IS NOT, WHAT IT IS, Otello visto da Meridiano Zero.
Dal 2005 organizza la
rassegna MAROSI DI MUTEZZA, ricerca sui linguaggi del
contemporaneo. www.meridianozero.org
A.R.C.
Perchè una trilogia su Shakespeare?
M.S. Ho sempre
avuto una certa passione verso l’opera di Shakespeare e, perchè Shakespeare è un
autore con cui in qualche modo ti devi confrontare se fai questo lavoro.
Non è la prima volta che lo affrontiamo. Lo si è indagato, in
maniera diversa, tante altre volte, magari a spizzichi e bocconi. Questa volta
si è deciso di prendere tre tragedie. Ovviamente rimettendoci mano e con una
nostra visione. Una trilogia shakespeariana trash.
A.R.C. Perchè
trash?
Ovviamente quando metti le mani su Shakespeare per farne un’altra
cosa, il risultato è trash, per forza. Non può che essere così.
Ci interessava l’idea di lavorare su linguaggi
differenti. Il linguaggio alto della tragedia e il linguaggio basso, che viene dal
quotidiano, da altre forme di espressione: vuoi che siano televisive, che
vengano dalla strada.
A.R.C. In
ogni caso tutto questo c’è già in Shakespeare è teatro popolare. L’alto e il
basso, si mischia. Ci sono dei momenti di
alta poesia, riflessioni filosofiche e battute grevi, doppi sensi. Forse oggi
si deve recuperare la scrittura complessa. I sentimenti
sono ancora gli stessi di allora: l’invidia, la gelosia.

Io non ho mai avuto questa sorta di riverenza verso i testi, qualunque
essi siano, a costo di fare degli sbagli madornali. Naturalmente parto da un
profondo rispetto.
A.R.C. Una
cosa che mi piacque molto, quando vidi ADDA PASSA' A NUTTATA, il lavoro su
Macbeth, è stato il riferimento ad un altro grande del teatro Eduardo De
Filippo. Shakespeare ed Eduardo, perchè?
M.S. In realtà
è venuto abbastanza casualmente. Nell’affrontare Macbeth, durante le prove, è venuto
fuori questo parlare napoletano o finto napoletano che sia. Per me è abbastanza
finto, per Francesca (Ventriglia) meno, perchè lei è di origini napoletane. Da
questa cosa che è nata organicamente, lavorando - perchè ci tornavano così i
personaggi-, da lì è venuta fuori l’idea di infilare anche delle citazioni, sopratutto
da “Natale in casa Cupiello”, che riguardano il battibeccarsi di questa coppia
di vecchietti.
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A.R.C. Oltre
alle citazioni, ho notato dei ritmi. A me hanno colpito più i ritmi che le
citazioni, ritmi che riconoscevo come di Eduardo. Dei
momenti molto alti...
M.S. Molto
lirici, sì certo...
A.R.C.
...e dei momenti di Francesca Ventriglia (Lady Macbeth) deliranti.
Gli stessi
ritmi che ho ritrovato nel tuo Amleto. Perchè destrutturare Amleto a tal punto da
non riconoscerlo?
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Adda passà a nuttata B -Tragedies |
M.S. Per un
senso di pericolo in qualche modo. Provo a spiegare questa cosa.
Quell’Amleto lì, questo SEARCH&DESTROY come l’ho chiamato, parte da una condizione di stanchezza, dovuta al fare quello che si fa da sempre. Questo Amleto, che si rimette in scena per
cinquecento anni, non ne può più di ripetersi sempre uguale.
Ho voluto mettere il lavoro dell’attore in una dimensione
pericolosa, sopratutto mettere me in questa condizione, perchè sono io che lo
faccio. La struttura si è formata man mano. Le prime volte che l’abbiamo messo
in scena, quasi non avevo testi a memoria. Andavo a braccio.
Questo condizione, cioè lo stare in scena senza sapere che fare, a
parte alcune cose che mi ero fissato, ti mette in uno stato di pericolo
costante.
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A.R.C. Provare smarrimento e non sapere
come affrontare le cose. Il Nocciolo di Amleto.
M.S. Esatto. Essere indecisi, se prendere una
strada piuttosto che un’altra. In qualche modo l’ho voluto quasi ricreare
realmente questo smarrimento, che è il mio. La primissima volta che l’abbiamo
messo in scena, la sensazione più forte è stata che il pubblico ad un certo
punto mi tirasse qualcosa.
Mentre facevo un pezzo trashissimo, ho visto qualcuno che scattava fotografie, ho pensato <<Questo fa le foto
perché non può credere a quello che vede!>>
E’ stato molto strano. Dopo lo spettacolo, tanta gente è
venuta in camerino. Non me l' aspettavo. Invece è piaciuto proprio
questo senso di smarrimento.
A.R.C. Lo
smarrimento di Amleto è quello dell’attore. Entrambi sono stufi di raccontare, da cinquecento anni, gli stessi dubbi, vogliono
trovare nuove strade.
C’è una nota biografica in questo?
M.S. Come
attore ti interroghi sempre. Per chi lo faccio? E poi di questi tempi se riesci
a fare otto-dieci repliche è tanto, poi non riesci ad andare da nessuna parte.
In Italia chi riesce a fare delle repliche serie si conta sulle dita di quattro
mani.
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Fai un lavoro, ci passi mesi, ti piace, piace al pubblico e
nonostante tutto non riesci a portarlo oltre un certo limite.
La cosa drammatica è che i giovani, (in Italia a quarant’anni sei
sempre emergente) intendo i giovani veri, i ventenni non ci sono, parlo della
situazione Italiana, a Sassari ma anche in altre città che conosco.
Quando abbiamo iniziato, noi avevano ventiquattro anni, c’era un
po’ di gente della nostra età intorno, che faceva le stesse cose, in una città
così piccola come può essere Sassari.
In questo momento non ci sono ventenni che sperimentano. Ce ne
sono pochi e sono incanalati in certi tipi di linguaggio, più tradizionale. Io personalmente mi
domando:<< Qui dove vivo, con chi avrò a che fare quando avrò sessantanni?>>
A.R.C.
Allora, perchè fare il terzo lavoro su Shakespeare?
M.S. Perchè il
teatro è un cancro! Quando ti piglia è una lotta a guarire, se no ti uccide.
A.R.C.
Qual’è il terzo capitolo?
M.S. Il terzo
capitolo è Otello. Si intitolerà THIS IS NOT, WHAT IT IS, “Questo non è,
quello che è” parafrasando la frase di Jago “I’m noto, what I’m” “Non sono, quello
che sono”.
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Ed è un Otello ovviamente trash, perchè dobbiamo chiudere questa
trilogia. E’ basato ovviamente sul rapporto di coppia. Non poteva che essere
così, visto che è il centro della tragedia.
Siamo in fase di lavorazione. Stiamo lavorando a fatica, per tanti motivi, compresi quelli che abbiamo
appena detto.
A settembre avremo alcune serate, a Livorno il 27 settembre, al Centro
Artistico il Grattacielo. Prima faremo Sassari,
e alcuni paesi qua in Sardegna, poi all’ISAO Festival di Torino
A.R.C. Voi
organizzate, qui a Sassari, anche una interessante rassegna di teatro, che si
chiama MAROSI DI MUTEZZA. Da quanti anni?
M.S. Sono quasi
dieci anni, siamo arrivarti alla nona edizione.
A.R.C.
Create in questo modo una interessante rete tra compagnie di teatro
contemporaneo. Come è nata e, come si è evoluta?
M.S. E’ nata
dalla passione e dalla voglia di mostrare delle cose che difficilmente si
sarebbero viste qua sul territorio. In questo momento è l’unica rassegna in
città che da spazio ad un certo tipo di teatro.
Nasce con l'obiettivo di trovare delle collaborazioni, delle
affinità, con l’intento di formare un pubblico.
Dopo anni ci siamo riusciti. E’
stato lentissimo, ce li siamo dovuti andare a cercare uno per uno.
Le prime
edizioni erano dieci, venti. C’era una disabitudine totale. Dai miei quarantaquattro anni, posso dirti che non si vedevano cose di questo tipo in
città dal ’94-’95. Dalla compagnia Ariele di Alberto Capitta, che in seguito ha chiuso.

A.R.C.
Quest’anno?
M.S.
Quest’anno ci saranno quattro appuntamenti doppi, con spettacolo 18,30 e 21.00.
Ci saranno ospiti otto compagnie, anche compagnie sarde, per tenere un occhio
sul territorio. Sarà ad Ottobre come sempre, dal 2 al 21.
A.R.C.
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