Antonella Spanu realizza i suoi lavori esclusivamente
con materiali semplici, poveri, con rarissimi interventi tecnologici, privilegiando il fatto a mano. In realtà la pratica utilizzata è
funzionale all’opera e non prevale mai sui contenuti. L'auto rappresentazione e i materiali come il filo di lana sono presenti nelle sue
operazioni artistiche sin dagli esordi. E' attraverso il linguaggio popolare e fumettistico che Antonella porta lo spettatore in un mondo per niente rassicurante, lontano dall'intimismo che l'auto rappresentazione potrebbe far pensare.
Le domande a cui siamo sottoposti riguardano le nostre vite, sono i nostri stessi dubbi, certo spesso riguardano gli artisti e la vita di un'artista, altre volte, le condizioni di un numero maggiore di persone: la pressione sociale, la solitudine, l'instabilità, l'incertezza del futuro.
Le domande a cui siamo sottoposti riguardano le nostre vite, sono i nostri stessi dubbi, certo spesso riguardano gli artisti e la vita di un'artista, altre volte, le condizioni di un numero maggiore di persone: la pressione sociale, la solitudine, l'instabilità, l'incertezza del futuro.
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"In fila per due", 2012, dettaglio Palazzo Ducale, Sassari |
A.S. (P) Quel lavoro è nato
nel momento in cui sono stata invitata. In realtà era parecchio tempo che non
mi occupavo di esporre il mio lavoro in una mostra, fatte alcune eccezioni.
Questo invito mi ha preso un po’ alla sprovvista. Inizialmente ero indecisa se
partecipare, perchè fondamentalmente non mi interessava partecipare ad una cosa
solo per il fatto di esserci. Ma volevo fare una cosa che mi soddisfacesse e
avesse un senso in quel contesto. Ho cercato di ironizzare principalmente su me
stessa. Sul fatto che così dal nulla riemergessi, alla veneranda età di
quarant’anni e mi buttassi nella mischia.
Con tutto che non ho mai abbandonato il mio lavoro, ma ero un po’ fuori
dal circuito delle mostre. Ero un po’ annoiata dall’ambiente.
Antonella Spanu, "Artista emergente", 2011, disegno su carta , installazione, 54° Biennale di Venezia, Padiglione Sardegna, Masedu, Sassari |
A.S. (P) Sì, (risata) quando sono andata al Masedu per montare il lavoro,
sono arrivata con una scatola di scarpe. Il lavoro smontato era minuscolo. E’
stato molto divertente.
Antonella Spanu, "Artista emergente", 2011, disegno su carta , dettaglio, 54° Biennale di Venezia, Padiglione Sardegna Masedu, Sassari |
A.S. (P) Sì, è un pretesto.
Uso questo personaggio, che sono io, come pretesto per raccontare delle cose.
In genere cerco di usare un tono leggero, provocatorio, un po’ giocoso per
trattare temi che non sono leggeri.
A.R.C. Non sei mai tenera: la
forma è giocosa, ma i contenuti non lo sono per niente.
A.S. (P) La forma è giocosa il
contenuto no. Infatti è quello l’intento. Una narrazione è un po’ fumettistica,
perchè comunque il mio mondo parte da lì, il mio bagaglio attinge molto ad una
certa cultura popolare, sopratutto quella dei fumetti, di certa narrazione,
anche cinematografica.
Questa forma giocosa mi serve poi a scavare in tematiche più profonde, in
genere legate alle difficoltà del vivere. I temi sono universali, nonostante il
mio lavoro sembri chiuso in un microcosmo perchè c’è un’auto-rappresentazione.
Non vuol essere ombelicale, una narrazione che mi vede chiusa in me stessa, al
contrario, io non parlo di me, ma delle problematiche che sono un po’ di tutti.
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Antonella Spanu, “Nel tunnel dell'auto-rappresentazione”, 2012, disegno su carta, lana, dettaglio |
A.S. (P) Certo tra l’altro era
un ironizzare sull’emergere, da cosa? Siamo in una situazione di
sprofondamento dal quale dobbiamo arrampicarci per emergere? Da dove emergiamo?
A.R.C. Mi ricordo i tuoi
primissimi lavori, già all’Accademia e subito dopo, intraprendevi lo stesso
processo narrativo, lo stesso scarto linguistico utilizzando il cucito, non il
disegno. Un personaggio che ti assomigliava raccontava, anche allora, certe
problematiche del vivere e, sopratutto del vivere da artista. Parlami del tua
propensione al racconto.
A.S. (P) Sì, cucivo e scrivevo. Sono i miei interessi, la lettura, il
cinema e il fumetto. Le cose che mi piacciono e con le quali sono cresciuta. Un
po’ anche seguire letteralmente un filo. C’era un discorso metaforico tra il
filo del racconto e l’uso materiale del filo.
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Antonella Spanu,“Ho perso il filo del discorso”, 1998, filo di lana, lenzuolo di cotone, installazione, dimensione ambiente |
A.S. (P) Forse... sono due, te
ne cito due. Uno che ho amato tanto ma anche odiato, che ha segnato uno
spartiacque nella mia ricerca, da lì in poi ho iniziato a cambiare.
Hai visto “il filo del discorso”, quello che avevo esposto all’Accademia?
A.R.C. Sì, me lo ricordo.
A.S. (P) E’ una istallazione, si intitola “Ho perso il filo del discorso”
(1998), quel lavoro lì è stato uno spartiacque.
La ricerca del cucito, del filo fino a quel lavoro lì mi apparteneva, però
tenevo ancora dei legami con certe tradizioni di artisti della Sardegna come
ovviamente Maria Lai.
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Antonella Spanu, “E dopo l’Accademia cosa vuoi fare?”1999,installazione, Galleria Kairòs, Sassari |
A.S. (P) Certo, c’era anche un
legame affettivo che mi ha portato in una certa direzione.
Fino a quel lavoro lì, i miei erano anche troppo simili a quelli di
Maria Lai. E anche in quello c’è una familiarità. Per questo è un lavoro che ho
amato tanto, ho dato tanto, però l’ho anche odiato, perchè lo consideravo anche
un po’ ruffiano, una cosa troppo facile. E’ piaciuto tantissimo eppure ero
consapevole del fatto che ancora non stavo mettendo me stessa completamente in
gioco.
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Antonella Spanu, Senza titolo, 2000, installazione panno lenci e ricami, dimensione ambiente |
Dalla presa di coscienza di star percorrendo una strada che mi
apparteneva, ma fino ad un certo punto, e volermi staccare da altre figure
artistiche ho iniziato a fare delle cose che mi rappresentassero di più, fino a
giungere al lavoro che esposi alla galleria Kairòs “E dopo l’Accademia cosa
vuoi fare?”( 1999).
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Antonella Spanu, Senza titolo, 2000,
installazione panno lenci e ricami, dettaglio |
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Antonella Spanu, “Nel tunnel dell'auto-rappresentazione”,
2012, disegno su carta, lana, dimensione ambiente |
A.S. (P) Per me è solo un
mezzo. La mia ricerca non è sui materiali. Metto molto impegno nella ricerca
dei materiali più appropriati, perchè faccio un lavoro molto legato alla
manualità, però la manualità non è fine a se stessa. Non c’è una ricerca fine a
se stessa su un materiale piuttosto che un’altro. La scelta è in base alla
necessità che ho in quel momento e al tipo di lavoro che ho bisogno di fare.
L’unico filo conduttore che ho tenuto nel corso degli anni e questo: partire da
me per raccontare il mondo.
A.S. (P) Partecipare alla Biennale,
seppure in una delle sezioni regionali, ha cambiato qualcosa?
A.S. (P) Assolutamente no! Io
alla fine ho partecipato per gioco. Sapevo da principio che non avrebbe
cambiato niente nella mia vita, perchè è ovvio che sia così, nonostante ci sia stato chi si è incaponito nel volere dare giudizio su chi partecipasse o meno. Tra
l’altro non so neppure chi mi abbia voluto e scelto. Non l’ho ancora scoperto.
Ho partecipato perchè avevo un lavoro e qualcosa da dire, a prescindere da
tutto.
Valigetta |
Raccontami del tuo lavoro di
designer, di cui non abbiamo ancora parlato.
A.S. (P) Spesso le persone dell’ambiente artistico mi chiedono che cosa stia facendo artisticamente e mi sorprende che tendono a separare le cose, come se quello che faccio come lavoro commerciale fosse slegato da un lavoro artistico. Perchè non è arte fine a se stessa, perchè è design.
A.S. (P) Spesso le persone dell’ambiente artistico mi chiedono che cosa stia facendo artisticamente e mi sorprende che tendono a separare le cose, come se quello che faccio come lavoro commerciale fosse slegato da un lavoro artistico. Perchè non è arte fine a se stessa, perchè è design.
Ciondolo |
A.S. (P) Sì, applico gli
stessi temi. Questo progetto è nato realmente un po’ per gioco, in un momento
in cui stavo cambiando vita, cambiando lavoro, avevo cambiato città. Vivevo in
una città in cui gli artisti si mettono molto in gioco.
A.R.C. Dov'eri?
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Antonella Spanu,“Tsk tsk, wow, emm, cucù,mumble mumble, sgrunt, oops, shhh, aaaah, pant, eheh”, 2008, pennarelli su carta, disegni incorniciati 24x33cm |
Qui c’è un atteggiamento molto snob riguardo al lavoro artigianale, al
design. Gli stessi artisti ti guardano come se svendessi il tuo talento.
Ho iniziato questa avventura perchè inizialmente mi dava una certa
libertà di espressione. Potevo sperimentare qualunque cosa, senza sentire la
pressione. Con gli anni ho incominciato a sentire un’altro tipo di pressione,
perchè ti trovi comunque intrappolata nel meccanismo delle cose che vendi di
più, delle cose più carine, quindi un po’ schiavo del mercato, mentre le cose
che trovi più interessanti, dal tuo punto di vista, ti trovi a farle molto
poco. Comunque cerco di tenere un equilibrio tra le due cose e continuare a sperimentare.
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"Disabitando punto e a capo" 2000, installazione, Link, Sassari, |
A.S. (P) Si chiama “Disabitando”. Tra l’altro il nome proviene da un titolo di una mostra che avevo fatto nel 2000 al Link, “Disabitando, punto e a capo”. Mi piaceva il titolo. Quella è stata tra l’altro una mostra che ha segnato un’altra delle mie tappe, la feci prima della mia partenza da Sassari. Un ennesimo cambiamento.
"In fila per due" 2012, installazione, Palazzo Ducale, Sassari |
A.R.C. Tra l’altro quello era un
lavoro molto interessante, era presente ancora il filo di lana ma la narrazione
sui quadretti aveva già preso uno spazio importante. Un vero progetto di
passaggio.
A.S. (P) Fermarmi per
riflettere diversi anni mi è servito. Dopo quel lavoro ho partecipato ad alcune
mostre, ma con scarso entusiasmo. E’
stato importante fermarmi a capire quello che veramente volessi, che non era “sfondare”
ma cercare un percorso, lavorare.
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