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Marcel Duchamp, "Bicycle Wheel", 1913 |
E’ piuttosto difficile attribuire il termine "origine" ad un manufatto, in un arco di tempo pari a 1.500.000 anni. Immaginiamo però di tornare ancora più indietro.
Indietro di 3.000.000 di anni!
La lettura di un articolo, apparso su “La lettura” del 2 novembre, dal titolo “Il primo atto creativo dell’uomo”, sui ritrovamenti in una caverna indonesiana, di quelli che parrebbero i più antichi graffiti della storia dell’umanità, ha riacceso un mio personale interesse verso l’argomento.
In una grotta di Sulawesi, un’isola della Repubblica Indonesiana, sono stati rinvenuti graffiti databili 39.900 anni fa, più antichi dei bellissimo leoni e cavalli della grotta di Chauvet, in Francia, la più antica e raffinata manifestazione di arte rupestre fin ora conosciuta, risalenti, secondo recentissimi studi e analisi condotte, a 21.000 anni fa, e quelle di El Castillo, in Spagna di 37.000 anni fa.
Non sono le pitture rupestri che hanno stuzzicato la mia attenzione, se pure mi interessano molto e ci ritornerò, ma un altro argomento.
Alcune frasi dell'articolo di Trione, paralleli/2, in appendice al principale, sul rapporto tra arte preistorica e contemporanea, arte primitiva e contemporanea, arte arcaica e contemporanea, arte ingenua e contemporanea secondo una schema di connessioni ed esempi.
“Secondo Desmond Morris, la prima opera d’arte risale a tre
milioni di anni fa. Un ciottolo di fiume conosciuto come Makapansgat Pebble: un
sasso dalle sembianze antropomorfe. Un uomo primitivo lo raccoglie, e lo porta
all’interno di una grotta, dove è stato poi ritrovato dagli archeologi. Un modo
per «staccare» quei massi dalla realtà; e per custodirli con cura in un luogo
sicuro. Uno spostamento che anticipa quanto farà Duchamp con i ready made”.
Perchè no?
Un uomo preistorico raccoglie un ciottolo e lo porta in una grotta e un artista espone un orinatoio in una galleria. Una distanza di 3.000.000 di anni, per un gesto affine. Quanto affine?
Partiamo dall'inizio. Cos’è il Ciottolo di Makapansgat?
Il Makapansgat Pebble è una jasperite rosso marrone, che per tanti anni si è pensato dipinto di rosso.Un ciottolo di fiume di 260 grammi, di 5cm x 8cm circa, datato circa 3.000.000 di anni, portatore di una scheggiatura naturale- è infatti assente ogni traccia di lavorazione manuale- che lo fa sembrare la scultura grezza di un volto umano. Fu rinvenuto da W.I. Eitzman associato ad ossa di Australopitecus africanus, in una grotta di Makabansgat, a circa 5 km dal corso d’acqua più vicino, in Sud Africa, nel 1925.
Perchè no?
Un uomo preistorico raccoglie un ciottolo e lo porta in una grotta e un artista espone un orinatoio in una galleria. Una distanza di 3.000.000 di anni, per un gesto affine. Quanto affine?
Partiamo dall'inizio. Cos’è il Ciottolo di Makapansgat?
Il Makapansgat Pebble è una jasperite rosso marrone, che per tanti anni si è pensato dipinto di rosso.Un ciottolo di fiume di 260 grammi, di 5cm x 8cm circa, datato circa 3.000.000 di anni, portatore di una scheggiatura naturale- è infatti assente ogni traccia di lavorazione manuale- che lo fa sembrare la scultura grezza di un volto umano. Fu rinvenuto da W.I. Eitzman associato ad ossa di Australopitecus africanus, in una grotta di Makabansgat, a circa 5 km dal corso d’acqua più vicino, in Sud Africa, nel 1925.
Dovrebbe essere avvenuto più o meno così: un Australopiteco in cerca cibo lungo il fiume, si specchia e
riconosce il suo volto. Un giorno trova un ciottolo, ne riconosce l’immagine
simbolica, simile a quella vista tante volte nello specchio d’acqua del fiume.
Riconosciuto questo oggetto come rappresentazione simbolica di un volto lo
avrebbero portato nella caverna, custodito, investito di significati sacri.
E’ Fantastico! Se consideriamo il fatto che l’Australopitecus africanus è un ominide bipide, dalla mole
corporea piccola, dalla morfologia fine, un antenato molto lontano dell’Homo sapiens (cioè noi) di
parecchi milioni di anni.
Non so esattamente come avvenne il ritrovamento da parte degli archeologi,
se effettivamente i resti ossei e il ciottolo fossero allo stesso livello
stratigrafico, perchè il ciottolo potrebbe essere stato portato nella caverna milioni
di anni dopo da un Homo erectus (da 1.000.000 – a 200.000) ad esempio.
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Marcel Duchamp, "Fontana", 1917 |
Non cambierebbe niente, dato che l’azione artistica di Marcel Duchamp, firmato R. Mutt dal titolo "Fontana" 1917, a cui si fa riferimento, ha poco meno di 100 anni.
Prima, ma molto prima di Duchamp un ominide o progenitore ha azionato un
meccanismo di ready made, di “trovato fatto” non utile, ma simbolico.
Non un
oggetto dall’utilità immediata e legata alla sopravvivenza come il ciottolo-martello,
il ciottolo-raschiatoio, il ciottolo-arma, ma un oggetto inutile, qualcosa riconducibile
alle sembianze di un volto, qualcosa di sacro da custodire nella caverna.
Rappresenterebbe il primo esempio di pensiero simbolico e senso estetico.
Raccogliere il ciottolo e condurlo nella caverna ha rappresentato, per
chi l’ha fatto, un modo per separare quel ciottolo dalla realtà, custodirlo con
cura in un luogo sicuro e renderlo una cosa sacra, intoccabile.
Dato che l’oggetto in questione è stato “trovato” e non “fatto”, per definire
quest’oggetto arte ci dobbiamo allontanare dal criterio di abilità manuale, e tenere
conto, al contrario, dell’azione consapevole di scelta fatta dal nostro
Australopitecus, che riconosce in un ciottolo di fiume un oggetto “speciale”.
Se
riconosciamo nell’azione di attribuire significati simbolici ad un oggetto già
esistente- in questo caso in natura- una operazione artistica, riconosciamo nel
“Ciottolo di Makapansgat” il primo esempio di objet trouvé.
Cosa rende simili l’anonimo Australopitecus sudafricano e Marcel Duchamp?
L’ominide riconosce nel
ciottolo dalle sembianze iconiche un volto, attribuisce un senso a quel
frammento di natura, lo custodisce nella caverna come cosa sacra, attribuisce
alla casualità naturale un significato simbolico.
Marcell Ducamp riconosce nell’orinatoio una "scultura", attribuisce un
senso a quel frammento di realtà, lo rinomina, lo custodisce nel museo e/o galleria come cosa sacra, attribuisce un valore ad
un oggetto comune e quindi un significato simbolico.
La consapevolezza una precisa intenzionalità apparterrebbe ad entrambi.
A Parte l’aspetto fisico e il fatto che il primo non gioca a scacchi, cosa rende diverso l’anonimo Australopitecus sudafricano da Marcel
Duchamp?
La differenza tra Marcel Duchamp e Australopitecus sta in quei 3.000.000
di anni. L'umorismo e la coscienza del paradosso, la liberazione dal reale.
Da una parte ci sono i bisogni simbolici minimi dettati dalla paura di ciò che non è governabile, della paura di qualcosa di sconosciuto dentro e fuori di sé; dall’altra la stratificazione di significati simbolici sovrapposti e spesso contraddittori, la sedimentazione culturale e la complessità di pensiero.
Da una parte ci sono i bisogni simbolici minimi dettati dalla paura di ciò che non è governabile, della paura di qualcosa di sconosciuto dentro e fuori di sé; dall’altra la stratificazione di significati simbolici sovrapposti e spesso contraddittori, la sedimentazione culturale e la complessità di pensiero.
Quella che nell'ominide è un' intuizione governata
dall’istinto in Duchamp è rielaborata alla luce di un bagaglio di conoscienze immessa in altri circuiti di senso più complesso. L'orinatoio capovolto non significa nulla al di là di se stesso: "familiarmente estraneo, enigmaticamente ovvio".
A.R.C.
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