venerdì 3 settembre 2021

IMMENSA PAURA DELLE TENEBRE?


Oggi, l’attrazione o la repulsione verso certe sfumature cromatiche è puramente commerciale. Il colore è qualcosa di astratto, emotivo, non è collegato a un pigmento specifico, poiché tutti i colori hanno origine nell’industria chimica e non sono collegati in alcun modo ai pigmenti del passato e ai luoghi di origine dei materiali. Non c’è alcun motivo perché un colore risulti interessante e un altro mediocre, pericoloso o prezioso se non per moda. Certo la storia simbolica ha il suo peso, ma è appunto stratificazione culturale. Qualsiasi manufatto oggi può essere decorato con tutti i colori percepibili dall’occhio umano. Abbiamo persino il colore dell’anno. Per il 2021 Pantone suggerisce Ultimate Gray e Illuminating rispettivamente grigio freddo, neutro e giallo caldo.



Di recente, un colore, il giallo è divenuto il mezzo per una rivendicazione ideologica di arte non-arte. Nel 2012, Black on Maroon della serie dei Seagram Murals della Rothko Room Tate è stata vandalizzata da un tale, sedicente dadaista, appartenente al movimento yellonista secondo un manifesto pubblicato sulla rete detto Yellowismo, traducibile in Giallonismo o Giallismo. Se lo cercate su Google nella traduzione italiana non ce n’è traccia. Google vi dice che, testuali parole “Sembra che non ci siano risultati molto pertinenti alla tua ricerca Suggerimento: Prova a utilizzare parole che potrebbero apparire nella pagina che stai cercando. Ad esempio, "ricette di torte" invece di "come fare una torta". Serve aiuto? Consulta altri suggerimenti per cercare su Google.

A quanto pare per Google il Giallonismo è un tipo di pasticceria.

Sorvoliamo sui contenuti del manifesto, l’aspetto interessante è l’ennesimo ricorso ai colori per definire un concetto più ampio e complesso. Il giallo opposto ai bruni, al grigio, al marrone, rosso e spesso ai violacei colori di Rothko; il giallo privo di sfumature, come anarchica affermazione opposta alle sovrapposizioni multistrato e vibranti, spesso trappole psichiche per i visitatori alla ricerca di qualcosa di metafisico, il giallo come imperativo ideologico. Associarsi ad un colore restituisce autostima, eppure, dopo un lungo restauro Black on Maroon è tornato al suo posto e del Yellonismo non si sente più parlare.



Il nero è associato solitamente alla morte. Ignoravo fino a che punto, letteralmente e non per superstizione o leggende popolari, lo sia realmente. Il nero contemporaneo è come ogni altro colore un prodotto dell’alta tecnologia. Un tempo era il prodotto di un processo oscuro. Evoca morte dagli albori della storia. Gli esseri umani ne sono affascinati e respinti da sempre. I primi disegni in grotta sono prodotto di combustione cioè figli del fuoco, ossia della luce, e sono nere.

Per millenni la creazione dei colori ha rappresentato un esercizio faticoso, costoso, spesso anti-ecologico, pericoloso, crudele e spesso moralmente riprovevole. La provenienza dei pigmenti era la più varia: minerale, animale, vegetale. Una tavola medievale o una tela barocca contengono oltre al colore di cui sono fatte anche la spirito della società che li ha prodotti, le superstizioni, la superficialità con cui si affrontava il pericolo, la salute o la vita stessa, nonché l’esercizio del potere. La storia di certi colori è spesso fortuita, talvolta divertente in alcuni casi alquanto inquietante. 

TACCUINO

Il Bruno Mummia

Le mummie per secoli sono state dissotterrate e riutilizzate per gli scopi più disparati. Ai profanatori spesso interessava il bitume. La parola persiana per bitume era mum o mumiya, il che aveva portato a credere che le mummie contenessero proprio quella sostanza – senza contare il fatto che i resti mummificati erano molto scuri. Il bitume (e dunque le mummie) era utilizzato come medicinale. C’è stato un periodo in cui il commercio delle mummie impazzava. La “Turkey Company” nel XVI secolo importava mummie per l’Impero Britannico. Nel 1586 John Sanderson, agente della ditta in questione importò trecento chili di parti assortite e una mummia intera per rifornire i farmacisti di Londra. Dato che i farmacisti spesso commerciavano pigmenti, non è così sorprendente che questa ricca polvere marrone si trovasse anche sulle tavolozze dei pittori. Il bruno di mummia iniziò ad essere utilizzato come pigmento – di solito mescolato con vernice d’ambre e un olio in fase di asciugatura – a partire dal XII secolo e rimase in voga fino al Novecento. Il pittore preraffaellita Eduard Burne-Jones non si era reso conto del collegamento tra il bruno di mummia e le mummie vere e proprie fino a un pranzo domenicale nel 1881, quando un amico gli raccontò di averne appena vista una nello stabile di un fabbricante di colori. Burne-Jones ne fu talmente orripilato da correre nel suo studio per recuperare il tubetto bruno di mummia e <<dargli degna sepoltura>>. [diario di Georgiana Burne-Jones, citato in S. Woodcock op. cit., p.91] All’inizio del XX secolo la richiesta di bruno mummia era divenuta comunque così irrilevante che uno dei negozi d’arte di Londra aperto nel 1810 ne smaltì le scorte solo negli anni sessanta del Novecento.

Nonostante frutto di alta tecnologia e non estrazione da esseri defunti millenni fa, il nero è ancora il colore dello scandalo. Da qualche anno infatti va in scena la recita del nero Kapoor, black hole, il nero più nero al mondo, il pigmento puro che cancella o nasconde la forma, produce illusioni della mente, percezioni distorte dello spazio fisico e metafisico, l’illusione del vuoto.

TACCUINO

Il nero più nero al mondo. La vernice è stata sviluppata e brevettata dall'azienda britannica Surrey NanoSystems (che detiene la proprietà del marchio registrato col nome Vantablack: Vertically Aligned NanoTube Arrays ovvero schiere di nanotubi allineati verticalmente). Il composto è un insieme di nanotubi verticali di carbonio “cresciuti” alla temperatura di 400 °C su un substrato mediante un particolare processo di deposizione chimica da vapore.

L’azienda ha dimostrato la proprietà principale della sostanza rivestendo in parte un foglio di carta stagnola arricciato: la parte non rivestita è apparsa tridimensionale, mentre la parte rivestita è sembrata piatta. Vantablack rilascia infatti soltanto lo 0,035% della luce che assorbe, e quindi “appiattisce” ogni superficie su cui viene posto, resa all’improvviso un buco nero. Quando la luce colpisce il Vantablack, invece di essere riflessa, rimane intrappolata essendo continuamente deviata dai nanotubi, assorbita dal materiale e dissipata in calore. La luce è intrappolata e dissolta quasi talmente nella vernice, all’occhio umano è così impedito di rilevare le ombre che aiutano il cervello a interpretare la forma di un oggetto. Niente luce, niente ombre. Oltre a essere utilizzato sotto forma di film, il Vantablack può essere trasformato in due tipi di vernici spray con nanotubi orientati in modo casuale, denominate “Vantablack S-VIS” e “Vantablack S-IR”. Tali vernici presentano un migliore assorbimento degli infrarossi rispetto al film.
La Surrey NanoSystems di recente ha messo appunto una nuova versione di Vantablack che, a differenza della prima, può essere modellata perché è in forma di non-nanotubi.
Anish Kapoor ha avuto dalla Surrey NanoSystems i diritti d’utilizzo esclusivo per i suoi lavori nella versione spray del Vantablack, nel 2016. Il suo Black hole è qualcosa totalmente privo di dimensione, totalmente disorientante. Dovrebbe evocare il terrore delle tenebre eppure questo pigmento suscita stupore infantile, tuttalpiù curiosità.
Un artista può dire ciò che vuole eppure nella vita di un'opera la conformità tra le intenzioni e i risultati, la componente osservatore come verifica, sono ancora rilevanti e gli effetti barocchi di meraviglia prodotti dal black hole non sono ancora “immensa paura delle tenebre”. L’illusionismo percettivo produce lo stupore tipico del teatro delle meraviglie.
A rendere questa storia fatta di pubblicità, diritti d’autore, invidia, legittimo risentimento una faccenda piuttosto divertente e totalmente in linea con la tradizione dell’arte contemporanea, sono state le polemiche accese da una serie di artisti, primo tra questi Stuart Semple. Il simpaticone ha realizzato una serie di progetti commerciali collettivi, coinvolgendo artisti, ricercatori, odiatori di Kapoor e via dicendo che negli anni hanno sviluppato: il rosa più rosa al mondo, il glitter più brillante al mondo, fino alla pittura acrilica più nera al mondo. E’ nato così Black 2.0, disponibile per chiunque tranne, ovviamente, per il suo nemico giurato Anish Kapoor. Lo si può acquistare a meno di 20 sterline sul suo sito. Comprando il prodotto, come per gli altri colori di Semple, occorre una dichiarazione legale che non sei Anish Kapoor o in qualsiasi modo affiliato a lui. L’operazione commerciale Semple funziona anche se Kappor è riuscito ad acquistare il rosa più rosa sbeffeggiando sui social il suo antagonista. A veder bene, tutta questa faccenda è soltanto una esposizione di muscoli: io ce l’ho più nero, il mio giallo è anarchico, il mio rosa è più rosa del tuo.
Torniamo alle tenebre. Quando penso al nero, penso alle opere nere di Francisco Goya, alla Rothko Chapel, penso alla paura del buio, all’immensa paura della morte, al contrario il nero più nero al mondo mi sollecita curiosità infantili, le stesse della casa stregata, della stanza degli specchi deformanti. Dov'è il terrore? Piccola soddisfazione giocosa, niente di più che nichilismo ludico 1 Questa voragine priva di ombre, di punti di riferimento è soltanto la simulazione del vuoto, del terrore difronte al nulla. Non c'è lo <<…spazio che è buio come il camminare in se stessi perdendo il senso di chi e che cosa si è, così come il senso del tempo>>. Kapoor dovrebbe dipingere un lungo corridoio, una stanza all’interno della quale il visitatore perda realmente il senso del tempo e dello spazio. Un intero museo immerso nel nero più nero, allora, in quello spazio senza tempo faremo davvero esperienza del terrore. Immagino che la sicurezza nei musei valga più di una reale perdita dell’orientamento, del terrore. Quello che capita è talvolta l’inciampo di un turista, come accadde nel 2018 ad un turista italiano precipitato all'interno di Discesa al Limbo, un'opera del 1992, un buco di due metri e mezzo nel pavimento. Il titolo si ispira a un dipinto omonimo, del 1492, di Andrea Mantegna. Kapoor l’ha definita “una discesa nell’oscurità, non un buco nel terreno”.  Una goccia di adrenalina e un brivido sulla schiena, appena un "nulla patetico che scatena il riso".

ARC

1 Felix Duque, Terrore oltre il postmoderno, per una filosofia del terrorismo, edizioni ETS, 2006

opere 

Anish Kapoor, Dark Brother, 2005, MADRE, Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli.

Anish Kapoor, Discesa nel Limbo, 1992-2018

Mark Rothko, Red on Maroon, 1956, Tate Gallery, London

Mark Rothko, Untitled (Black on Gray), 1969-70, Salomon R. Guggenheim Museum, N.Y

Mark Rothko, No.2, 1963, Walker Art Center, Minneapolis

 

Riferimenti bibliografici

Kassia St Clair, La trama del mondo

Kassia St Clair, Atlante sentimentale dei colori

Michel Pastoreau, Nero. Storia di un colore