giovedì 21 gennaio 2021

Sognavo di essere un elettrone



In questo anno sospeso - tutto <<da remoto>> -  ogni pensiero è apparso insufficiente ad esprimere qualcosa di appropriato, ad un certo punto ha prevalso il disagio. Quando la sospensione pareva temporanea ho pubblicato dei raccontini didascalici scaturiti da aneddoti e voglia di leggerezza. Con il passare dei mesi, quello che cercavo di sintetizzare ha iniziato ad acquisire forma di un d
éjà-vu, un vissuto già metabolizzato, per niente divertente. Certo, avrei potuto intavolare delle conversazioni con artisti, inventarmi esposizioni virtuali, corrispondenze, taccuini strampalati - in fondo non è quello che faccio da sei anni? - sperimentare il divertimento e il limite della distanza, fino a provarne saturazione e senza comprendere se ha davvero un senso, oppure spegnere tutto.
La comunicazione a distanza, se si protrae per troppo tempo, diventa traccia di qualcosa che non è stato e, se l'ambiente nel quale ti sei riconosciuta fino a quel momento è plastico-visivo, è piuttosto complicato andare oltre pochissime, scarse trovate.
Durante la primavera ho iniziato a seguire alcuni podcast, i canali youtube di alcune gallerie e musei - tutti cercavano di mutuare il <<qui>> e <<adesso>> <<da remoto>> - mi ci sono tuffata dentro.
Dopo alcuni mesi di entusiasmo però le gambe hanno ripreso a scalciare e gli occhi a fare male. Avevo bisogno di aria.



L’unica cosa divertente nata in quei mesi, bella da rileggere anche adesso, anzi forse di più, è Filastrocca della peste di Lucio Villani e Daniele Cotalli, versi in rima alternata e illustrazioni a china, seguite su TELEGRAM o in formato Instagram stories sull’account di Catalli, @piripiriatelier e su quello di Villani, @luchovillani. 
Tratta dal film "Il timbro rosso" Filastrocca della peste n°24 , dedicata agli artisti.

Aria.
Uscita di nuovo all’aperto  ho sgambato per le colline fiorentine, il Parco Archeologico di Fiesole, il cimitero degli inglesi di Piazzale Donatello, una Klezmerata Fiorentina al giardino Scotto di Pisa, e Aria di Tomàs Saraceno.

Tomàs Saraceno, Reti di at‐tenz(s)ione 2020
Seta di ragno, vetro, fibra di carbonio,
metallo, luci, silicone. Palazzo Strozzi

Taccuino
"Webs of Attent(s)ion è formato da una miriade di ragnatele intrecciate che diverse specie di ragno collegano tra loro con i singoli fili e mondi sensoriali che vanno a formare un paesaggio fluttuante. Queste ragnatele sono un’estensione dei sensi dei ragni – divengono le loro orecchie, i loro occhi, le loro bocche – e, al contempo, costituiscono un habitat per i loro corpi. Attraverso i filamenti delle ragnatele i ragni inviano e ricevono vibrazioni e, forse, anche pensieri: in sostanza offrono a queste creature un modo per collegarsi con il mondo. I diversi intrecci e le interconnessioni tra ragni creano inoltre collegamenti sensoriali e viventi con animali non umani ed ecosistemi, invitandoci a riflettere sulla nostra coesistenza con queste specie onnipresenti."

Poi, in autunno, finalmente, Macbettu di Alessandro Serra.

Le scorse stagioni teatrali ce lo eravamo perso, perciò avevamo ripiegato sul docu-film , ma saputo che sarebbe stato lo spettacolo di chiusura di Little Bit Festival a Livorno, abbiamo fatto i biglietti. Ogni giorno incrociavamo le dita nella speranza che non chiudessero i teatri. 25 ottobre, ultimo giorno dei teatri aperti. Siamo riusciti a vederlo.

Cimitero degli inglesi, 1828, Firenze


Taccuino

Il cimitero fu fatto edificare fuori delle mura cittadine su una montagnola in prossimità della porta a Pinti (oggi distrutta), a spese di una società che rappresentava la Chiesa evangelica riformata svizzera e che aveva acquistato l'area dal governo granducale nel 1827 per realizzare un cimitero internazionale ed ecumenico, anche per i russi e i greco-ortodossi. Prima di allora i non cattolici e non ebrei che morivano a Firenze potevano essere sepolti solo a Livorno (all'antico cimitero degli inglesi, in Via Verdi). Nel 1877, essendo oramai il cimitero compreso all'interno della nuova città, fu proibito alla comunità protestante l'uso del luogo per nuove sepolture (recentemente ripreso) per cui per lungo tempo l'isola mantenne inalterato il proprio carattere ottocentesco che ancora fortemente la caratterizza. Le inumazioni tra il 1828 e il 1877 avevano d'altra parte portato a saturare in buon parte l'isola, con la realizzazione di 1409 tombe riferibili a sedici nazioni diverse.

Da remoto.

Tutto ha avuto inizio qualche anno fa, quando l’esperienza concreta, relazionale, complessa della mostra si è fatta virtuale. Avevo aperto il blog e deciso di sperimentare una esposizione virtuale nello spazio ristretto, inadeguato e sfuggente di un post. Mi mancavano le risorse per altri tipi di esperienze e mi sembrava una sfida interessante. Nonostante l’entusiasmo per la novità, il divertimento provato a pensare in modo diverso, non posso negare la frustrazione. E' difficile misurare ciò che accade nelle realtà quotidiana e quadridimensionale all'interno dello spazio limitato di un blog, progettato per accogliere testi.
Per gli artisti che vi presero parte, immagino che tutta la faccenda si sia risolata nell’invio di una mail, al massimo qualche minuto di post-produzione, non saprei, in realtà non gliel’ho mai chiesto. Per me è stata una prova mentale, lo sforzo di pensare diversamente utilizzando un mezzo inadeguato.
Sul blog il rischio è sempre quello di riportare il resoconto dell'esposizione, non l'esposizione. 
Il visivo si deve vedere.

Tessitori.

Taccuino

Nel 1925 Werner Heisenberg immagina che gli elettroni non esistano sempre, bensì si manifestino solo quando qualcuno li guarda o meglio quando interagiscono con qualcos’altro, oltretutto, ciò accade a caso, non possiamo prevedere dove e quando l’elettrone apparirà.

Nel 2014 mi feci ammaliare dal fatto che l’elettrone quando nessuno lo disturba non è in nessun luogo preciso. Mi piaceva tantissimo l'idea di sperimentare qualcosa a riguardo.
La distanza fisica ha fatto il resto.
Volevo fare delle mostre virtuali e come primo esperimento realizzai Contemporaneamente. Molto basica. 
Mi ero chiesta: come posso gestire lo spazio e il tempo sulla rete internet manipolabile e virtuale? Come posso rendere credibili delle mostre sullo schermo del computer? Neppure in un vero sito, per giunta, ma un post. Che differenza c’è tra questa cosa che sto fantasticando e pubblicare le immagini? La mostra è interazione, relazione, rapporto fisico con le opere, lo spazio della galleria, il rapporto con gli altri visitatori e, ovviamente, tutto ciò che comporta il trovarsi nello stesso luogo, allo stesso tempo. E’ un’esperienza sociale. Tutto questo sul blog veniva meno, erano invalidati tutti i presupposti fisici del qui e adesso.
Molti, chi più chi meno, negli ultimi mesi hanno sperimentato questa stranezza per lavoro, scuola, nel vissuto quotidiano, un nuovo modo di relazionarsi con parenti e amici.
Una telefonata è una comunicazione a distanza, una cartolina, una lettera sono comunicazione a distanza, ma la chat collettiva, lo smart working, la didattica a distanza sono altro: una comunicazione complessa con implicazioni diverse da quelle che sperimentiamo stando nello stesso luogo, allo tesso tempo. Qui si sta parlando di esperienze per le quali è necessaria la presenza fisica di più persone nello stesso luogo, allo stesso momento a realizzare o fruire di produzioni culturali. Il teatro, la danza per cui la presenza fisica era considerata, fin ora, fondamentale hanno dovuto inventarsi modi per arrivare al nostro pc, tablet, smartphone. Gli spettacoli si sono spostati sulle piattaforme digitali con differenti risultati: moltissime compagnie teatrali hanno realizzato spettacoli sulla piattaforma Zoom, adattandosi, limitandosi all'uso di poche parti del corpo come occhi e orecchie. Ho pensato a questi artisti come ai poveri ragni di Tomàs Sareceno, segregati in una scatola. Tutti noi in una teca di plexiglass a intessere relazioni virtuali, cercare di fare di quei fili una vita. Tutti i ragni solitari, sociali e semi-sociali a reimparare a tessere.

Tomàs Saraceno, Reti di at‐tenz(s)ione 2020
Seta di ragno, vetro, fibra di carbonio,
metallo, luci, silicone. Palazzo Strozzi


Sognavo di essere un elettrone.
La collettiva per la giornata del contemporaneo, non è stato niente di troppo complicato, né dal punto di vista concettuale né tanto meno da quello puramente fattuale. L’idea era partecipare ad un rito collettivo, sentirsi parte di una comunità.
I riti collettivi hanno necessità di manifestarsi all’interno di un gruppo sociale, riconoscersi e esprimersi in una giornata dedicata, significa ritrovarsi tutti nello stesso luogo e nello stesso tempo. Sul blog erano entrambi fuori sincrono, l’unica certezza spazio temporale ce la dava Google con la scrittura automatica di data e ora di pubblicazione del post, tutto il resto casuale. Questa era l’idea. 
Detto tra noi, dopo il 2020, la quarantena, le video chat collettive, la Dad, un’operazione come questa, ai più, potrebbe risultare alquanto ordinaria. Ma eravamo nel 2014, niente quarantena e chi voleva andare ad una mostra usciva di casa e ci andava.
Tutto si svolse attraverso una semplice comunicazione via mail ad alcuni artisti, qualcuno rispose, altri no. Chiesi loro l’immagine di un’opera da pubblicare sul blog appena nato, corredata di testo sul concetto di contemporaneo, inteso sia come momento temporale sia come arte contemporanea. Successivamente feci un piccolo catalogo in PDF.
Non mi sembrava abbastanza.
Infondo, ciò che volevo era attivare una relazione, ricreare la realtà fatta di interazioni. Ci presi gusto e portai avanti altri due progetti.
Mi stavo affezionando agli avverbi perciò nacque dapprima Veramente? Giulia Sini versione 0.1 sulla conservazione e archiviazione delle opere, sulla memoria e sulla perdita di memoria. Una delle cose più belle che abbiamo fatto sul blog. La precedette una corrispondenza via mail con Giulia Sini da cui nacque proprio l'idea della mostra. L'idea della corrispondenza era stimolante, infatti ne intrapresi una anche con Stefano Serusi, con l'idea di progettare qualcosa che non si realizzò mai, perché non riuscii a pensare a niente di giusto, avevo dei limiti a capire come procedere, poi il tempo è passato e non se n’è fatto nulla.
Carpe diemCom'è vero!
Sentendo la distanza come un limite, lo spazio di un post come inadeguato, le relazioni come qualcosa di complesso ho pensato al progetto REALMENTE- Qualcuno c’è stato, qualcuno l’ha visto una trilogia sullo spazio-tempo e sul concetto di <<qui>> e <<adesso>>.
Tre esperimenti sul tempo, lo spazio, la realtà, la finzione, la distanza, un omaggio alla fisica contemporanea e alla nostra limitatezza: Giusy Calia – L’invitation au voyage, aprile 2015, Josephine Sassu – Rarefatto, maggio 2015, Marcello Scalas – Bassa tensione, giugno 2015.
Giusy Calia, unica astante, è stata la testimone di ognuna di esse e ha documentato tutto fotograficamente.
Quando mi capita di distruggere una ragnatela, perché capita a volte, penso a ragni di Saraceno, alle interazioni fragili e, a questi progetti che come gli elettroni di Heisenberg se nessuno li guarda non esistono e, poiché nati per vivere nel cloud, quando Google riterrà opportuno cancellare il blog improduttivo, anche loro spariranno.

ARC