In questo anno sospeso - tutto <<da remoto>> - ogni pensiero è apparso insufficiente ad esprimere qualcosa di appropriato, ad un certo punto ha prevalso il disagio. Quando la sospensione pareva temporanea ho pubblicato dei raccontini didascalici scaturiti da aneddoti e voglia di leggerezza. Con il passare dei mesi, quello che cercavo di sintetizzare ha iniziato ad acquisire forma di un déjà-vu, un vissuto già metabolizzato, per niente divertente. Certo, avrei potuto intavolare delle conversazioni con artisti, inventarmi esposizioni virtuali, corrispondenze, taccuini strampalati - in fondo non è quello che faccio da sei anni? - sperimentare il divertimento e il limite della distanza, fino a provarne saturazione e senza comprendere se ha davvero un senso, oppure spegnere tutto.
La comunicazione a distanza, se si protrae per troppo tempo, diventa traccia di qualcosa che non è stato e, se l'ambiente nel quale ti sei riconosciuta fino a quel momento è plastico-visivo, è piuttosto complicato andare oltre pochissime, scarse trovate.
Durante la primavera ho
iniziato a seguire alcuni podcast, i canali youtube di alcune gallerie e musei - tutti
cercavano di mutuare il <<qui>> e <<adesso>> <<da
remoto>> - mi ci sono tuffata dentro.
Dopo alcuni mesi di entusiasmo però le gambe hanno ripreso a scalciare e gli occhi a fare male. Avevo bisogno di aria.
L’unica cosa divertente nata in quei mesi, bella da rileggere anche adesso, anzi forse di più, è Filastrocca della peste di Lucio Villani e Daniele Cotalli, versi in rima alternata e illustrazioni a china, seguite su TELEGRAM o in formato Instagram stories sull’account di Catalli, @piripiriatelier e su quello di Villani, @luchovillani.
Aria.
Uscita
di nuovo all’aperto ho sgambato per le colline fiorentine, il Parco Archeologico di Fiesole, il cimitero degli inglesi di Piazzale Donatello, una Klezmerata Fiorentina al giardino Scotto di Pisa, e Aria di
Tomàs Saraceno.
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Tomàs Saraceno, Reti di at‐tenz(s)ione 2020 Seta di ragno, vetro, fibra di carbonio, metallo, luci, silicone. Palazzo Strozzi |
Taccuino
"Webs of At‐tent(s)ion è formato da una miriade di ragnatele intrecciate
che diverse specie di ragno collegano tra loro con i singoli fili e mondi
sensoriali che vanno a formare un paesaggio fluttuante. Queste ragnatele sono
un’estensione dei sensi dei ragni – divengono le loro orecchie, i loro occhi, le
loro bocche – e, al contempo, costituiscono un habitat per i loro corpi.
Attraverso i filamenti delle ragnatele i ragni inviano e ricevono vibrazioni e,
forse, anche pensieri: in sostanza offrono a queste creature un modo per
collegarsi con il mondo. I diversi intrecci e le interconnessioni tra ragni
creano inoltre collegamenti sensoriali e viventi con animali non umani ed ecosistemi,
invitandoci a riflettere sulla nostra coesistenza con queste specie
onnipresenti."
Poi, in autunno, finalmente, Macbettu di Alessandro Serra.
Le scorse stagioni teatrali ce lo eravamo perso, perciò avevamo ripiegato sul docu-film , ma saputo che sarebbe stato lo spettacolo di chiusura di Little
Bit Festival a Livorno, abbiamo fatto i biglietti. Ogni
giorno incrociavamo le dita nella speranza che non chiudessero i teatri. 25 ottobre, ultimo
giorno dei teatri aperti. Siamo riusciti a vederlo.
Taccuino
Il
cimitero fu fatto edificare fuori delle mura cittadine su una montagnola in
prossimità della porta a Pinti (oggi distrutta), a spese di una società che
rappresentava la Chiesa evangelica riformata svizzera e che aveva acquistato
l'area dal governo granducale nel 1827 per realizzare un cimitero
internazionale ed ecumenico, anche per i russi e i greco-ortodossi. Prima di
allora i non cattolici e non ebrei che morivano a Firenze potevano essere
sepolti solo a Livorno (all'antico cimitero degli inglesi, in Via Verdi). Nel
1877, essendo oramai il cimitero compreso all'interno della nuova città, fu
proibito alla comunità protestante l'uso del luogo per nuove sepolture
(recentemente ripreso) per cui per lungo tempo l'isola mantenne inalterato il
proprio carattere ottocentesco che ancora fortemente la caratterizza. Le
inumazioni tra il 1828 e il 1877 avevano d'altra parte portato a saturare in
buon parte l'isola, con la realizzazione di 1409 tombe riferibili a sedici
nazioni diverse.
Da remoto.
Tutto
ha avuto inizio qualche anno fa, quando l’esperienza concreta, relazionale,
complessa della mostra si è fatta virtuale. Avevo aperto il blog e deciso di
sperimentare una esposizione virtuale nello spazio ristretto, inadeguato e
sfuggente di un post. Mi mancavano le risorse per altri tipi di esperienze e mi
sembrava una sfida interessante. Nonostante l’entusiasmo per la novità, il
divertimento provato a pensare in modo diverso, non posso negare la
frustrazione. E' difficile misurare ciò che accade nelle realtà quotidiana e quadridimensionale all'interno dello spazio limitato di un blog, progettato per accogliere testi.
Per gli
artisti che vi presero parte, immagino che tutta la faccenda si sia risolata
nell’invio di una mail, al massimo qualche minuto di post-produzione, non
saprei, in realtà non gliel’ho mai chiesto. Per me è stata una prova mentale,
lo sforzo di pensare diversamente utilizzando un mezzo inadeguato.
Sul blog il
rischio è sempre quello di riportare il resoconto dell'esposizione, non l'esposizione.
Il visivo si deve vedere.
Tessitori.
Taccuino
Nel 1925 Werner Heisenberg immagina
che gli elettroni non esistano sempre, bensì si manifestino solo quando
qualcuno li guarda o meglio quando interagiscono con qualcos’altro, oltretutto,
ciò accade a caso, non possiamo prevedere dove e quando l’elettrone apparirà.
Nel
2014 mi feci ammaliare dal fatto che l’elettrone quando nessuno lo disturba non
è in nessun luogo preciso. Mi piaceva tantissimo l'idea di sperimentare
qualcosa a riguardo.
La distanza fisica ha fatto il resto.
Volevo fare delle
mostre virtuali e come primo esperimento realizzai Contemporaneamente. Molto
basica.
Mi
ero chiesta: come posso gestire lo spazio e il tempo sulla rete internet
manipolabile e virtuale? Come posso rendere credibili delle mostre sullo
schermo del computer? Neppure in un vero sito, per giunta, ma un post. Che differenza c’è tra questa cosa che sto fantasticando e pubblicare le
immagini? La mostra è interazione, relazione, rapporto fisico con le opere, lo
spazio della galleria, il rapporto con gli altri visitatori e, ovviamente,
tutto ciò che comporta il trovarsi nello stesso luogo, allo stesso tempo. E’
un’esperienza sociale. Tutto questo sul blog veniva meno, erano invalidati
tutti i presupposti fisici del qui e adesso.
Molti,
chi più chi meno, negli ultimi mesi hanno sperimentato questa stranezza per
lavoro, scuola, nel vissuto quotidiano, un nuovo modo di relazionarsi con
parenti e amici.
Una telefonata è una comunicazione a distanza, una cartolina, una lettera sono comunicazione a distanza, ma la chat collettiva, lo smart
working, la didattica a distanza sono altro: una comunicazione complessa con implicazioni diverse da quelle che sperimentiamo stando nello stesso luogo, allo tesso tempo. Qui si sta parlando di esperienze
per le quali è necessaria la presenza fisica di più persone nello stesso luogo,
allo stesso momento a realizzare o fruire di produzioni culturali. Il teatro, la danza per cui la presenza fisica era considerata, fin ora,
fondamentale hanno dovuto inventarsi modi per arrivare al nostro pc, tablet,
smartphone. Gli spettacoli si sono spostati sulle piattaforme digitali con
differenti risultati: moltissime compagnie teatrali hanno realizzato spettacoli
sulla piattaforma Zoom, adattandosi, limitandosi all'uso di poche parti del corpo come occhi e orecchie. Ho pensato a questi artisti come ai poveri ragni di Tomàs Sareceno, segregati in una scatola. Tutti noi in una teca di plexiglass a intessere relazioni virtuali, cercare di fare di quei fili una vita. Tutti i ragni solitari, sociali e semi-sociali a reimparare a tessere.
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Tomàs Saraceno, Reti di at‐tenz(s)ione 2020 Seta di ragno, vetro, fibra di carbonio, metallo, luci, silicone. Palazzo Strozzi |
Sognavo di essere un elettrone.
La collettiva per la
giornata del contemporaneo, non è stato niente di troppo complicato, né dal punto di
vista concettuale né tanto meno da quello puramente fattuale. L’idea
era partecipare ad un rito collettivo, sentirsi parte di una comunità.
I
riti collettivi hanno necessità di manifestarsi all’interno di un gruppo
sociale, riconoscersi e esprimersi in una giornata dedicata, significa
ritrovarsi tutti nello stesso luogo e nello stesso tempo. Sul blog erano
entrambi fuori sincrono, l’unica certezza spazio temporale ce la dava Google
con la scrittura automatica di data e ora di pubblicazione del post, tutto il
resto casuale. Questa era l’idea.
Detto tra noi, dopo il 2020, la quarantena,
le video chat collettive, la Dad, un’operazione come questa, ai più, potrebbe
risultare alquanto ordinaria. Ma eravamo nel 2014, niente quarantena e chi voleva
andare ad una mostra usciva di casa e ci andava.
Tutto
si svolse attraverso una semplice comunicazione via mail ad alcuni artisti,
qualcuno rispose, altri no. Chiesi loro l’immagine di un’opera da pubblicare
sul blog appena nato, corredata di testo sul concetto di contemporaneo, inteso
sia come momento temporale sia come arte contemporanea. Successivamente feci un
piccolo catalogo in PDF.
Non
mi sembrava abbastanza.
Infondo,
ciò che volevo era attivare una relazione, ricreare la realtà fatta di interazioni.
Ci presi gusto e portai avanti altri due progetti.
Mi stavo affezionando agli avverbi perciò
nacque dapprima Veramente? Giulia Sini versione 0.1 sulla conservazione e
archiviazione delle opere, sulla memoria e sulla perdita di memoria. Una delle
cose più belle che abbiamo fatto sul blog. La precedette una corrispondenza via mail con Giulia Sini da cui nacque proprio l'idea della mostra. L'idea
della corrispondenza era stimolante, infatti ne intrapresi una anche con
Stefano Serusi, con l'idea di progettare qualcosa che non si realizzò mai,
perché non riuscii a pensare a niente di giusto, avevo dei limiti a capire
come procedere, poi il tempo è passato e non se n’è fatto nulla.
Carpe diem. Com'è vero!
Sentendo la distanza come un
limite, lo spazio di un post come inadeguato, le relazioni come qualcosa di
complesso ho pensato al progetto REALMENTE- Qualcuno c’è stato, qualcuno l’ha visto una trilogia sullo spazio-tempo e sul concetto di <<qui>> e <<adesso>>.
Tre esperimenti sul tempo, lo spazio, la realtà, la
finzione, la distanza, un omaggio alla fisica contemporanea e alla nostra
limitatezza: Giusy Calia – L’invitation au voyage, aprile 2015, Josephine Sassu – Rarefatto, maggio 2015, Marcello Scalas – Bassa tensione,
giugno 2015.
Giusy
Calia, unica astante, è stata la testimone di ognuna di esse e ha documentato tutto
fotograficamente.
Quando mi capita di distruggere una ragnatela, perché capita a volte, penso a ragni di Saraceno, alle interazioni fragili e, a questi progetti che come gli elettroni di Heisenberg se nessuno li guarda non esistono e, poiché nati per vivere nel cloud, quando Google riterrà
opportuno cancellare il blog improduttivo, anche loro spariranno.
ARC
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