lunedì 29 settembre 2014

Taccuino di San Pietroburgo condiviso con Igor Kopilov. Quarta puntata.

Non solo Manifesta 10. Pop-sovietico e grafica satirica.
Alla ricerca di un nuova identità tra pop-sovietico e nuovi conflitti. Lubok e nostalgie.

La Russia del XXI secolo è alla ricerca di una nuova identità culturale. Si muove tra nostalgie e antichi conflitti, ma la cultura visiva pare essere ancora un elemento costitutivo fondamentale.
Pavel Pappestein, Criminale, 2014
Da dove partire?
Pavel Papperstein parte da una nuova utopia. Per Manifesta 10 esponeUgolovnic“ “Criminale”.

Gioca con la parola russa ugol che significa angolo. Il linguaggio è suprematista, del tipo che si trova nei vecchi francobolli, nelle etichette delle scatole di fiammiferi[1], nei libri per l’infanzia e in tutta la grafica didattica e propagandistica.
Ad una intervista a Chiara Mariani su La Lettura del 20 aprile, dice: <<Viviamo in un periodo in cui la cultura ha responsabilità enormi. In un momento storico così inquietante, cerco di alleviare gli animi con le mie fantasie. Non so se questo intento terapeutico ha successo, perché il grado di incomprensione tra le persone è elevato. Ma ci provo e credo di farlo con coerenza. Perché, a differenza dei politici che possono smentirsi, l’artista deve seguire un logica estetica.
Pagina 30 Art Dossier 312,
etichetta scatola di fiammiferi 
Come nel periodo sovietico — continua — viviamo in una nuova utopia. Alla Rivoluzione bolscevica del 1917 seguì la fede in un nuovo mondo. Oggi avviene qualcosa di simile, ma nell’Ovest, dove domina una fede cieca nelle possibilità del capitalismo. Per me è triste costatare per esempio la cecità rispetto a ciò che stava per succedere a Kiev.>>[2]
In Italia Pavel Papperstein è conosciuto per aver partecipato alla Biennale di Venezia del 2009, nel padiglione russo. Enfant prodige, figlio dell’artista Viktor Pivovarov e della poetessa Irina Pivovarova.
Alla fine degli anni Ottanta fonda il gruppo Medizinskaia Germeneutika, con lo scopo di soccorrere i simboli del proprio paese svuotati dalla storia, recuperare i segni della tradizione, una volta governati dalla collettività, ora consegnati all’immaginazione individuale. Attinge a piene mani al suprematismo di Kazimir Malevič. Fa il verso a El Lisickij e Kandinskij, ai poster di Majakovskij. Nelle sue opere le tracce della Pop Art e del folklore russo fluttuano liberamente senza stabilire gerarchie.
Gatto di Kazan, Lubok
La società russa nel suo complesso è in cerca di una nuova identità culturale. Nella confusione tutto si mischia: la nostalgia dei simboli sovietici, il lusso dello zar, la mitologia siberiana, lo sciamanesimo e la chiesa ortodossa. L'arte contemporanea non vive bene lo scontro in atto. Emergono dal passato forme estetiche stabilizzate che la nuova società russa riconosce come tradizionali, quindi radici laiche: non icone sacre, non opere "oscene" in quanto anti governative o peggio anticlericali.
Un genere artistico molto diffuso prima della rivoluzione di ottobre, il lubok o quadretto popolare, un’immagine a stampa con una didascalia, spesso satirica è, oggi, oggetto d’attenzione non solo di studiosi, ma di persone comuni.
xilografia
Il primo museo del lubok nasce nel 1992, a Mosca. Da allora l’interesse verso queste opere aumenta sino a divenire fonte di ispirazione per stilisti e oggetto da collezione. La nuova società russa pare riconoscere nel lubok uno strumento attraverso il quale costruire la propria nuova identità culturale.
Ne parlo con Igor e casualmente trovo in libreria una pubblicazione recentissima dal titolo “La natura artistica delle stampe popolari russe” Jurij Michajlovic Lotman a cura di Lucina Giudici. Approfondisco l’argomento.

Libraio
Mi piace la casualità per cui, in una libreria sulla prospettiva Nievskij, a San Pietroburgo, per pochi euro è possibile stampare delle xilografie, utilizzando un tornio Ottocentesco. Tra le matrici messe a disposizione dal libraio, si possono scegliere quelle che piacciono di più e, stamparle. Igor mi fa stampare un gatto.
 La tradizione di vendere stampe a poco prezzo in Russia è strettamente legata alle fiere, ai mercati e al teatro. Si diffonde a partire dal XVI secolo. Per questo tipo di stampe viene privilegiata la xilografia, che utilizza il legno, tecnica semplice ed economica. In Russia il legno di tiglio è molto diffuso. Una caratteristica interessante è che i lubki stampati in nero, prima della cromolitografia venivano colorati a mano nei colori: minio (surik), lampone (sandal), ocra (ochra) e verde (prazelen’). La colorazione a mano veniva realizzata in circa 1000 villaggi, sopratutto da ragazze e donne povere.
Babajaga, Lubok
Nei secoli mutano i luoghi di produzione, i destinatari, insieme alle tecniche legate sempre più alle trasformazioni sociali e culturali. Un tratto costante di questa espressione artistica popolare, almeno fino alla diffusione della produzione industriale, rimane la contaminazione dei linguaggi espressivi, la varietà dei soggetti attinti alle fonti più disparate.
Alla mostra “L’Avanguardia russa, la Siberia e l’Oriente“ realizzata lo scorso anno, a Palazzo Strozzi, per la prima volta sentii parlare di lubok. Fu poi Igor a farmeli conoscere.
Mikhail Larionov, 
“Le stagioni”, Autunno 1912,
 olio su tela
Una sezione poneva a confronto stampe russe, cinesi e giapponesi.
Nelle opere di propaganda si faceva riferimento ai lubok. Mi colpirono alcune stampe di Vasilij Vereščagin, realizzate nel 1904-05. Nella stessa sala erano presenti anonimi incisori di propaganda filo russa e alcuni manga dei giapponesi Kabayashi, Motita e Harada di propaganda filo giapponese. 
In questi due anni di guerra vennero stampati in Russia 300 lubki, dei quali un terzo dedicate al conflitto.
Mikhail Larionov, 
“Le stagioni”, Primavera1912, 
olio su tela
Con le avanguardie dell’inizio Novecento, quando il lubok artigianale perse la sua forza espressiva, le stampe popolari divennero un punto di riferimento per la cultura alta.
Sono sopratutto i neoprimitivisti Larionov e Gončarova a rifarsi esplicitamente al lubok, di cui esaltano la bellezza semplice e senza malizia.
Al linguaggio del lubok fa un chiaro riferimento Michail Larionov nel ciclo “Le stagioni” 1912, satira, linguaggio semplice e didascalie ne sono una componente fondamentale.
Nel 1913 Larionov organizzò una mostra in cui espose Lubki e icone di sua proprietà e di Natal’ja Gončarova. Nell’arte sovietica, poi, il lubok ha lasciato un segno evidente sopratutto nella grafica.[3]
La cultura visiva è ancora fondamentale per l’ identità culturale di un paese? Pare di sì.
Questo è sicuramente il motivo per cui la cultura moderna e le sue espressioni più forti sono contrastate con violenza e si tende a mostrare un società postsovietica attraverso l'innocua forma satirica presovietica. 

A.R.C.
I.K.

Indice delle puntate:
Continua...




[1] Sulla grafica di scatole di fiammiferi vedi Duccio Dogheria, “Dio si nasconde nel dettaglio: grafica pop comunista dell’Est Europa. Art dossier N°312, pp.30-35.
[3] Cfr. Jurij Michajlovic Lotman a cura di Lucina Giudici “La natura artistica delle stampe popolari russe”, Book Time, Milano, 2014

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