Roccatederighi (Gr) |
Nel mio modo di associare pensieri e idee ho collegato questo post ad altri che affrontano argomenti affini. Reimpiego di manufatti, materiali, stili, motivi, idee. L'instabilità e il dubbio.
Negli ultimi anni le attività ricreative attorno al
riciclo di materiali si sono moltiplicate. Le reti tematiche della tv digitale
e satellitare propongono, a ciclo continuo, una infinità di trasmissioni sul
fai da te e sui più svariati argomenti bric-à-brac. Non tutte sono da buttar
via, ma questa abbondanza pare aver distorto nello spettatore comune il senso
del riuso, trasformando questo concetto in spreco.
Qualche anno fa, mi capitò di lavorare per un
progetto didattico con alcune classi della scuola primaria. Alcune maestre
progettarono delle casette realizzate con cibo: biscotti, caramelle, pane, pasta- forse pensando alla casetta di Hansel e Gretel, senza
pensare che in quel frangente loro erano le streghe-. Il progetto nasceva sotto
la campana del concetto passepartout di riciclo. Peccato che quel cibo fosse
incollato con colla a caldo, quindi non più commestibile. Vedere quelle casette
mi fece pensare allo spreco.
Nelle mie conversazioni con Marcello Scalas (Sassari) artista e designer, Antonio Sotgiu (Milano) designer in passato per L’Atelier del Riciclo e Punto 47, gli architetti del progetto 70m2 Lucia Poselli, Marco Lulli e Marta Righeschi (Livorno) il tema
del riciclo è stato centrale. Preferisco, comunque usare il termine reimpiego.
La scelta e la storia dei materiali, il rapporto con lo spazio in cui agiscono, l’interesse verso l’ambiente, il riuso consapevole mi ha dato l’idea di connettere insieme le loro interviste. Se pure virtualmente, in uno spazio come il blog, dare forma ad una monografia in progress, sul concetto contemporaneo di reimpiego.
La scelta e la storia dei materiali, il rapporto con lo spazio in cui agiscono, l’interesse verso l’ambiente, il riuso consapevole mi ha dato l’idea di connettere insieme le loro interviste. Se pure virtualmente, in uno spazio come il blog, dare forma ad una monografia in progress, sul concetto contemporaneo di reimpiego.
Collegherò anche altri post come “Piccoli tesori turritani: spostamenti e rammendi”. Una parentesi legata una esperienza professionale di qualche anno fa.
Dato che l’idea di questo post nasce proprio
dalla lettura dell’articolo di Renzo Piano sul “rammendo delle periferie”, non mancherà una
connessione al post sulla visita alla Stazionedell’Arte di Ulassai (OG) e Legarsi
alla Montagna di Maria Lai (1981), un progetto con gli abitanti del paese
all’ interno della comunità di Ulassai. "Calamita cosmica" di Gino De Dominicis nella chiesa della Santissima Trinità in Annunziata a Foligno. L'interessante progetto di inserimento di un'opera d'arte contemporanea in un contesto storico monumentale, recuperato e restituito alla comunità.
Reimpieghiamo piccoli oggetti, frammenti minuscoli, interveniamo su piazze e quartieri, sopratutto “rammendiamo” con nuove idee e materiali appropriati, ma non insegnamo ai bambini ad incollare il cibo con la colla a caldo. Usiamo la farina e l’acqua, il bianco d’uovo o altri moderni “intrugli” commestibili di pasticceria.
Reimpieghiamo piccoli oggetti, frammenti minuscoli, interveniamo su piazze e quartieri, sopratutto “rammendiamo” con nuove idee e materiali appropriati, ma non insegnamo ai bambini ad incollare il cibo con la colla a caldo. Usiamo la farina e l’acqua, il bianco d’uovo o altri moderni “intrugli” commestibili di pasticceria.
Forse tutti questi argomenti potrebbero sembrare
scollegati, ma non lo sono. Non voglio usare colla a caldo. Ognuno ci trovi i nessi
che vuole, così si moltiplicano le idee.
Visto che l’ho citato inserisco un frammento dell’
articolo di Renzo Piano uscito il 26 gennaio 2014, sul Sole24.
“Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo
stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in
particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far
manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si
concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.
C'è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. “
(...)
Le periferie
sono la città del futuro, non fotogeniche d'accordo, anzi spesso un deserto o
un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le
periferie. Nel centro storico abita solo il 10 per cento della popolazione
urbana, il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Qui si
trova l'energia. I centri storici ce li hanno consegnati i nostri antenati, la
nostra generazione ha fatto un po' di disastri, ma i giovani sono quelli che
devono salvare le periferie. Spesso alla parola «periferia» si associa il
termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie
sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi
di città? Diventeranno o no urbane, nel senso anche di civili? Renzo Piano - Il
Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/u7dnI0
A.R.C.
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