Cara Giulia,
da parecchio tempo l’instabilità pare essere una condizione permanente.
Una condizione perennemente in bilico tra l’essere e il non essere in un gioco
ad elastico dentro una vita precaria.
Quindici anni fa, iniziai una collaborazione con la Soprintendenza, al
fine di catalogare le opere d’arte del territorio. Contratti saltuari. La
collaborazione è finita dopo alcuni anni, per motivi che non sto qui a
raccontarti, scelte obbligate: precarietà con il collare o senza. Ma non è
questo che volevo raccontarti.
Il progetto di catalogazione è molto importante, ha come fine non solo il
censimento dell’esistente, ma è possibile capire quali problemi di
conservazione esistono per le opere d’arte, la necessità di un restauro,la
prevenzione dai furti. Giri per i paesi, le chiese e i cimiteri, conosci gente
e capisci non solo il patrimonio, ma il rapporto che questo ha con la comunità.
Una cosa, che mi colpì molto, in quegli anni, riguarda proprio le
sculture. Non i dipinti e gli affreschi, ma le sculture.
Moltissime chiese della Sardegna, negli anni d’oro della Controriforma,
si arricchirono di Retabli e sopratutto di sculture lignee in estofado de oro. Ritrovarle spesso
tarlate fino alla consunzione o sapere che in tempi di rinascita economica
erano state sostituite da sculture in cartapesta, che giacevano impolverate
dentro sacrestie grigie e fredde, mi dava un senso di precarietà e
disfacimento.
Ricordo una bellissima statua in estofado
de oro, una Madonna con bambino, mi pare fosse la Madonna d’Itria, con braccia danneggiate e la parte inferiore del
corpo mancante, un po’ annerita, come il pinocchio di Collodi, dopo essersi
avvicinato troppo al braciere. Ci raccontarono (io in quel momento fungevo da
assistente, il titolare era un caro amico) che era stata attaccata dai tarli,
molto danneggiata. Parecchi decenni prima, -presumo negli anni del benessere e
della plastica-, qualcuno avevano pensato bene di usala come ciocco per i fuochi
di Sant’Antonio. Salvata dal rogo e restaurata era finalmente possibile ammirarla
nel suo splendore, tranne che per quelle parti oramai bruciate, che mostravano
i segni anneriti della violenza.
Per molte opere d’arte a tema sacro, il sacro prevale sull’arte e a
cascata la venerazione dei fedeli sull’ idea di opera d’arte, la venerazione
dell’oggetto sulla bellezza, l’oggetto infine prevale su tutto.
La plastica potrebbe venire in soccorso a tutto questo?
No. Ho scoperto di recente che anche la plastica non è esente da tali
attacchi, non c’è niente di eterno neppure nella plastica. L’attacco di funghi,
muffe e batteri può manifestarsi con la perdita delle proprietà meccaniche,
erosione della superficie, perdita di peso e infragilimento, restringimento e
formazioni di macchie, ci sono poi alcuni microorganismi si nutrono del polimero
stesso.
L’era della plastica pareva essere la soluzione a tutti gli attacchi
biologici esistenti per i materiali naturali eppure non c’è materiale più
temporaneo, instabile e poco resistente della plastica.
Ecco, questa è la mia esperienza
sull’ impermanenza che ha acceso interesse sui tuoi bambini Zoona.![]() |
Madonna degli angeli, Episcopio di Bosa, Scultura lignea in estofado de oro, MUS'A, Sassari. |
Cara Anna Rita
il ritardo con cui
rispondo alla tua lettera mi ricorda quelle belle corrispondenze cartacee che
ho avuto soprattutto con gente mai vista (precorrendo le amicizie sconosciute
internettiane) che mi vedevano fissa col naso dentro la cassetta della posta o
seduta sulle scale in attesa del postino per poter aprire una nuova invitante
busta. All'epoca la gente la si raccattava su Topolino, e fra questa ebbi anche
il mio bel maniaco maggiorenne olandese che mi voleva mandare le sue foto
ignudo. Niente di nuovo sull'internet. Ma chi si è fatta aspettare stavolta
sono io: è una casella in cui ricevo soprattutto spam, proposte per dare una smossa
alla mia stagnante vita di coppia, premi da ritirare, convenientissime
assicurazioni e via dicendo, sicchè erano alcuni giorni che non entravo a
controllare.
Non sono cattolica, ma leggere della statua della Madonna usata come legna
da ardere mi ha dato un brivido. Non credo che nel mio caso il sacro prevalga
sull'opera d'arte -non ho molecole residue di idolatria- ma mi dà comunque
pena. Non ho avuto questa fortuna di stare in mezzo alle cose antiche, mi
sarebbe piaciuto molto. Tempo fa sono entrata in una casa appena acquistata da
una mia conoscente. Era chiusa da decenni e lungi dall'essere ancora
ristrutturata. C'erano rimaste poche tracce di vita di qualcuno che ci aveva
vissuto prima che finisse nel limbo: un armadio degli anni che furono, immaginette
sacre cupe, una statua della madonna messa in alto in un angolo, non certo
antica ma piuttosto anziana, un disegno fatto a matita sul muro, di cui non
ricordo più il soggetto, che fra tutte era la cosa più straniante, perchè era
la cosa più viva, e nel contempo morta, di tutte.
Mi ha anche fatto venire in mente un vecchissimo discorso con un amico che
ora non c'è più, che raccontava di cassapanche intagliate & Co. sostituite
nei floridi anni '70 con fiammanti mobili in formica, in certe realtà di paese
a cui lui era più vicino. Niente a che vedere con la statuaria, sia chiaro, ma
come spirito siamo lì. Una confusione tra antico e vecchio. Tra prezioso e
ingombro.
Mi ha anche ricordato una persona con cui mi intrecciai svariati anni fa,
che mi disse di aver avuto una visione della Madonna, una volta, cosa che non
indagai oltre a questa affermazione. Mi spediva bellissime cartoline
lenticolari a soggetto sacro.
E infine mi ha rammentato un mio vecchio lavoro, appunto tra quelli di cui
ho scansionato le foto cui ho fatto cenno nella scorsa lettera. Se non vado
errando è del '97, nel contesto di un episodio di sculture itineranti. Costruii
una "Santa, Vergine e Martire",
di cui però non ho nessuna immagine che la ritragga indossata, che mi valse gli insulti di una signora che
animatamente disse che non si prendeva
in giro Gesù, e poi si scusò, ma credo solo per lo spavento di aver sentito una
voce provenire da quella che sembrava una statua inanimata, e in seguito guadagnai
svariate altre palpate -non escluso il fondoschiena- da persone che volevano
sincerarsi se fosse vera o finta quando dovetti stare ferma per un tempo che mi
parve interminabile. Ma il momento più surreale fu quando un musicista
colombiano, in una parata all together, si avvicinò a succhiare le tettarelle.
Dalla foto che ti invio si vede e si intuisce poco: era una sorta di torace
apribile a mobiletto, con dentro una serie di eventuali reliquie insieme a un
vezzoso e pizzoso utero. Si indossava tramite una sorta di imbracatura, aveva
un paio di braccia addizionali aperte e accoglienti, e uno schermo bucherellato
a coprire la faccia. Un vestito avvolgeva il corpo. Trascinava un trono su
ruote ricavato dalla poltroncina di un vecchio seggiolone per bambini e non
ricordo più cos'altro, a parte che ci avevo sistemato una decorazione a
coronare il tutto con tanto di vegetazione secca e sonaglino per bebè.
L'insieme era bianco e oro, se ben ricordo. Come puoi immaginare, anche questo
è andato perduto. Il torace si è spostato un po' qua e un po' là, finchè è
finito anche sotto la pioggia e si è marcito. L'ultima cosa che resisteva era
la decorazione, piuttosto ingombrante, di cui mi sono liberata quasi un anno
fa, senza rifletterci più.
Credo che stia riprendendo a piovere,
a presto.
G.
![]() |
Giulia Sini, Santa, Vergine e Martire, 1997, scultura indossabile, materiali vari (legno, cartapesta, gesso, stoffa). Corredo: trono trascinabile (disperso) |
Lettere:
Corrispondenze - Giulia Sini 16/12/14
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