venerdì 24 gennaio 2020

DE (i) SEPOLCRI



- Vuoi venire alla lettura dei Sepolcri di Foscolo?

- Naaa, poi mi racconti.
 
Luogo al Dialogo - Martedì 26 Novembre h. 17:30 a partire da “Dei Sepolcri di Ugo Foscolo”. Attività aperta a tutti.
Prof. Giorgio Mandalis proporrà Dei Sepolcri di Ugo Foscolo. L’incontro avrà un taglio desueto perché tenterà di verificare “sul campo” la valenza della poesia come struttura estetico riflessiva capace di generare approfondimenti filosofici.
 - Mi sono divertita molto.
- Racconta... hai dormito? 
- Allora… mentre il professor Mandalis legge i Sepolcri penso a quella volta che al cimitero di Perugia abbiamo visto per la prima volta una coppia di upupe. Ti ricordi, ero eccitatissima, le avevo viste soltanto in foto. Le abbiamo incontrate altre volte, sempre in Umbria, sempre in coppia, ma quella è stata la prima. Forse ho fatto qualche scatto, ma non ho trovato niente.
Povere upupe, dopo Foscolo, associate al macabro e alla notte, sono invece timide creature bellissime.
Comunque è iniziata così, un gruppo di variegata umanità che si incontra per partecipare ad un dialogo socratico ed io che mi distraggo pensando alle upupe. Ma recupero. Il dialogo prende una direzione orientata in maggioranza verso la teoria che oggi il sepolcro sia inutile. Immagino che la riflessione così orientata sia stata condizionata dal concetto di  monumento celebrativo dei "grandi" venuto fuori dal Foscolo. Io farei un distinguo: il monumento celebrativo non ha nessun legame con il sentimento della perdita. Ma niente, la riflessione sull’utilità dei sepolcri  prende questa piega secondo cui il cippo nel XXI secolo non avrebbe più alcun valore. Non sono d’accordo. Se così fosse, perché la negazione ad una sepoltura sarebbe così importante?  Al contrario è ancora un atto politico molto utilizzato, dico io. Cito i recenti esempio di  Bin Laden e al-Zawahiri. Poi si passa alla società liquida, alla velocità e al virtuale.
Che senso ha un cippo se viviamo prevalentemente nel virtuale?
- Oh! questo è interessante. Mi spiace non esserci stato.

- Ippolito, non sei voluto venire.

- Foscolo, blah! Il sepolcro non porta nessun beneficio al defunto, è evidente.
Che mi frega dove finisco!
- Non la pensi così, lo sappiamo entrambi.
- Ti ricordi a Père Lachaise? Con la tomba di Jim Morrison, il recinto e la guardia giurata a tenere distanti i ragazzini? E quella di Oscar Wilde? Ricoperta di stampi di labbra rosse, impresse con il rossetto. L'hanno ripulita, ma devono proteggerla dai fanatici. Meglio la fossa comune di Mozart. 

- Sbruffone. Non è così che la pensi.
- Cos’era quella cosa che dicevi delle reti sociali?
- Ah! Sì, questa è interessante. Pochi sanno del problema dei defunti in rete. Facebook è definito “il più grande cimitero al mondo”. Una anomalia del ricordo tutta contemporanea.
Ti ho raccontato che ogni 28 ottobre, da un paio d’anni, un algoritmo mi rammenta di fare gli auguri a quell’amico che io so non esserci più. Blin blin blin... avviso notifica, messaggio da Fb: “Rendi felice la giornata a Giulio, fagli sapere che gli vuoi bene!”. 
Giulio è morto nel 2017 e la rete sociale l’ignora. Nessuno gliel'ha detto. Per Fb c’è la sciagurata eventualità di essere eterni, non morire mai. Quest’anno però è accaduto qualcosa. Pressati dal numero crescente degli utenti defunti, quindi improduttivi, si saranno chiesti: “Come apparire sensibili e allo stesso tempo monetizzare?” Così, da qualche mese, è attiva una sezione commemorativa dedicata agli amici e parenti che permette di pubblicare contenuti dopo la morte e, non solo.
La frase ricorrente per cui “Facebook è il più grande cimitero del mondo” si sta avverando. Da meno di un anno ci viene data la possibilità di impostare il nostro futuro internettiano dopo la morte, una pagina specifica permette di impostare il profilo sul futuro nel caso in cui si muoia. La vita continua on line, Facebook ha infatti deciso di commemorare i defunti proponendo una speciale sezione nel profilo dell’utente morto. Una sorta di memoriale che amici e parenti potranno usare per ricordare la persona cara. Tra le particolari funzioni, di questa nuova sezione, ci sono: l’utilizzo accanto al nome dell’utente dell’espressione in memoria di, oppure la prassi riguardo alla attività del profilo, infatti i profili commemorativi non vengono visualizzati in spazi pubblici come suggerimenti delle persone che potresti conoscere, inserzioni o promemoria di compleanni. E qui c’è la piccola falla: se nessuno comunica, direttamente a Fb in persona, la tua morte, per Fb resti sempre vivo. Col suo linguaggio melenso, tende a ricordare agli smemorati di rendere felice il proprio amico nella giornata del suo compleanno, anche se è già morto. Anche quest’anno ho ricevuto dall’algoritmo il promemoria sul compleanno di Giulio Angioni, che come antropologo avrebbe apprezzato l'occasione per una ricerca.
Mentre rifletto sull’utilità dei sepolcri (reali o virtuali) e vago persa nelle mie digressioni da visitatrice di camposanti, trovo, sulla rassegna stampa del corriere on line, questa notizia. Riporto integralmente:

RASSEGNA STAMPA
MERCOLEDÌ 04 DICEMBRE 2019
Spiegel, Welt
Il monumento a Berlino con le ceneri degli ebrei uccisi dai nazisti (che non piace alle vittime)
(Elena Tebano)  Un «monumento contro il tradimento della democrazia». È l’ultima azione di protesta del Centro per la bellezza politica (Zentrum für Politische Schönheit, Zps), un collettivo di artisti tedeschi noto per le sue prese di posizioni eclatanti e radicali, che ha costruito a Berlino una colonna d’acciaio alta due metri e mezzo e pesante 4 tonnellate, che secondo il gruppo contiene le ceneri delle vittime degli omicidi di massa nazisti. Sopra ci sono due scritte: «Ricordare significa lottare» e «Non un passo oltre: qui iniziò l’ultima dittatura tedesca». Il terreno su cui è stato eretto il memoriale (qui il video) si trova tra il parlamento e il cancellierato ed è quello dell’ex Teatro dell’Opera di Kroll, dove nel marzo 1933 i membri del Reichstag votarono «il decreto dei pieni poteri», una misura straordinaria che di fatto consentì a Hitler di assumere la guida della Germania e portò poi allo sterminio di massa degli ebrei da parte dei nazisti.
«Ci siamo chiesti: dov’è la cenere di milioni di persone assassinate dai dittatori nazisti? Che fine hanno fatto i loro resti mortali?» hanno spiegato gli attivisti di Zps, come scrive la Welt. «Abbiamo preso 248 campioni di terra in 23 località e li abbiamo inviati ai laboratori. 175 dei campioni contenevano prove di resti umani. In uno dei luoghi dell’orrore abbiamo trovato cenere alla profondità di un metro e carbone osseo. Il nucleo della colonna contiene un carotaggio proprio di quel terreno che sarà conservato per tutta l’eternità». Con la sua nuova azione il Centro per la bellezza politica vuole denunciare i pericoli di una collaborazione con Alternative für Deutschland, uno degli obiettivi ricorrenti della sua protesta (nel 2017 Zps aveva allestito una replica del Memoriale dell’Olocausto di Berlino accanto alla casa del leader della sua corrente più estremista Björn Höcke a Bornhagen, in Turingia).
Ma il monumento ha suscitato molte critiche anche — scrive lo Spiegel — da parte degli ebrei. Il pedagogo israeliano e direttore dell’Istituto di formazione Anne Frank, Meron Mendel, ha sottolineato che secondo la legge ebraica i resti umani possono essere sepolti solo nei cimiteri ebraici (finora però non lo erano, visto come sono stati raccolti) e ha parlato di «strumentalizzazione delle vittime». Christoph Heubner, vicepresidente del Comitato Internazionale di Auschwitz ha detto che i «sopravvissuti di Auschwitz sono costernati che siano violati con questo memoriale i sentimenti e la pace eterna della morte dei loro parenti assassinati». Il memoriale è destinato a restare per una settimana, Zps però sta cercando fondi per renderlo permanente. Difficile che lo diventerà, viste le reazioni. 

- Non intravedo nessuna separazione tra l'esigenza di smuovere le coscienze: peculiarità dell’arte pubblica e la testimonianza di un vincolo affettivo: prerogativa di parenti amici. Che ne pensi Pindemonte?
- Uno scontro. Certamente. Non lo chiamerei memoriale, cercherei un'altra definizione. Un'azione politica, l'arte c'entra poco, no?

- Un'azione politica, non c'è dubbio, ma no, forse l'arte c'entra, dovrei approfondire.
Secondo te è lecito prelevare materiale terreo nel quale sicuramente sono presenti i resti delle vittime dell’olocausto per realizzare un opera d’arte?

- No, a mio parere no. Come non è lecito chiamarlo memoriale. C'è qualcosa di sgradevole in tutto ciò.

- Non è un memoriale, hai ragione. Se volevano agitare coscienze, creare subbuglio ci sono riusciti.

- Non conosco questi Zps. Dovremmo informaci di più. Forse comprendere meglio cosa rappresenti oggi un opera pubblica di memoria collettiva.

Pindemonte, un uomo d'altri tempi, ha difficoltà a capire l'arte pubblica contemporanea. E' lì che freme per il prossimo cimitero.

Abbiamo visito il Camposanto di Pisa, gli affreschi di Buffalmacco sono stati restaurati e ricollocati. Il metodo scientifico usato è molto interessante: batteri mangia colla della famiglia dei pseudomonas. QuestiUtilizzati batteri per il restauro del Camposanto Monumentale di Piazza dei Miracoli
microrganismi sono stati messi a punto dal microbiologo Giancarlo Ranalli dell'università del Molise e hanno il vantaggio di non essere pericolosi per l'uomo e di essere altamente selettivi: a seconda del tipo di batterio scelto si possono eliminare sostanze diverse. Hanno un tempo di vita molto breve e sono facilissimi da rimuovere dopo che hanno terminato il lavoro.



Utilizzati batteri per il restauro del Camposanto Monumentale di Piazza dei Miracoli
Dopo il danno del fuoco, nel 1944, per rimuovere gli affreschi dai muri si usarono colle animali che nel corso del tempo sono diventate insolubili e impossibili da togliere con i metodi tradizionali. I batteri sono stati in grado di mangiare queste colle, lasciando intatta la parte dipinta.



Ad inizio autunno, in una giornata calda e assolata avevo fatto una passeggiata in Fortezza Nuova, e qui mi ero trovata di fronte a Il giardino della memoria, piccolo ma significativo memoriale realizzato, immagino, dalle famiglie delle 140 vittime del Moby Prince, completamente spoglio di una qualche pianta, anche spontanea, solo un desolato quadrato di terra arida. Dove sono finiti i 140 gerani bianchi?
Lì accanto, tetragona come sempre, Koningin Juliana (1968, 1991, 1998, 2011) di Federico Cavallini.
Una scultura in corten. Un cubo arrugginito, memoria di una nave, della sua trasformazione, di una tragedia e della sua rottamazione, fissa nella sua ottusa desolazione.
Non c’è niente di celebrativo in Koningin Juliana, non c’è niente di celebrativo nel Giardino della memoria, stanno uno accanto all’altro: il cubo è lì con il dovere di smuovere le coscienze, proprio dell’arte e, il giardinetto sta a testimoniare un vincolo affettivo, proprio degli amici e dei famigliari.
Non è difficile capire l’importanza di questa separazione, neppure se nel frattempo i gerani si sono seccati. Torneranno, ne sono certa. Oggi ci ho trovato tre piantine di lavanda, delle piante grasse e qualche erba spontanea.




- Melensa.
- Non c’è niente di melenso. Non capisci niente! Se non lasci traccia e come non essere mai esistito. Pensa alla targa sul muro della biblioteca, è come se non fosse mai esistita.

- Ancora con quella storia!

- Sì, ancora.

In un taccuino precedente ho raccontato della sparizione dell’opera di Ruth Behara Io non posso entrare (Autoritratto). Ci ritorno perché la commedia era solo al secondo atto, credo che lo show si sia concluso in questi giorni.

- Hai considerato l’eventualità che la sequenza di vandalismo/censura, poi furto facesse parte dell’operazione?

- Sì, ci ho pensato, ho preso in considerazione anche questa eventualità, ma l’ho esclusa, non penso sia accaduto questo. Chi ha agito su quell’opera, prima con il vandalismo/censura e poi con il furto ha ingenuamente pensato di fare un’azione giusta, un atto di protesta contro un atto pubblico ingiusto. Sbagliando.

- L’ultimo atto? Perché, cosa è successo ancora?

- Hanno stuccato e imbiancato il muro. Ora è tutto lindo e pinto.

- Non è che l’imbianchino avesse il dovere di conoscere l’origine di quei buchi, di quello sbavo di vernice. Il suo ruolo era imbellettare l’edificio tutto qui.

- Sì, non voglio mica dare colpa all’imbianchino!
 

Io non posso entrare (Autoritratto), opera sul tema della discriminazione e dell'inclusione, una targa di ottone specchiato con incisa la frase “Vietato l’ingresso agli ebrei e agli omosessuali”, era esposta all’esterno del Museo della Città di Livorno, sulla parete d’ingresso alla biblioteca. E' stata rubata. Lì, su quel muro poteva rappresentare un interessante oggetto di riflessione socratica, a questo servono le opere concettuali, no? Va beh! E’ andata così, ma sta di fatto che a rimanere sul muro, non erano solo i buchi dei due tasselli, ma lo sbavo di vernice nera.
Il ragazzo che ha compiuto il gesto, con una bomboletta spray nera, ha definito il suo gesto una “censura”. Censurata, perché? A beneficio di chi? Comunque, sta di fatto che tra il 16 e il 17 luglio è poi sparita. Dopo questa rocambolesca e breve vita, grazie al censore e al ladro, l’unica traccia della sua esistenza rimaneva la sbavatura di vernice nera e i due fori sul muro. Ma fin qui, lo avevo già raccontato, tuttavia, qualche giorno fa mi accorgo che, per i lavori preparatori alla mostra di Modigliani, il muro è stato stuccato e imbiancato. Ora non c’è neppure la sbavatura di vernice nera, non i fori, non c’è niente.
Non è che abbia un particolare legame con quest’opera o con l’artista, che non conosco, ma mi colpisce che interessi solo me. Sembra sia passata inosservata anche la scomparsa del pannello informativo sull’opera di Alfredo Pirri All’imbrunire, un boschetto di bambù nella corte di fronte all’ingresso. Ho sentito il cicaleccio sulla banana "decarlata" di Cattelan, il fancazzismo, lo sconcerto dei benpensanti per il valore economico del certificato: 120mila euro, ma niente, niente su questi avvenimenti. 
Immagino continueremo a parlare di banane fino alla prossima foto di gattini.
- La vedo la tua faccia sbuffante, lo sai, Ippolito, vero?

- Mi dici, adesso, cosa c’entra questa cosa? E’ la seconda volta che ne parli. Ma scherziamo?
 
- C'è chi crede di sapere cosa è arte e cosa no. Mi sbaglio? Poi, mi spiace che sia accaduto per la mostra di Modigliani, poveretto, anche da morto sempre in mezzo alle meschinità. Volevo solo parlarne un po’, perché resti una riflessione, magari errata, ma meglio di niente. A che serve fare i dialoghi socratici, sennò?

- Ma sì, sì… ho capito. Visto che hai deciso su un titolo livornese/ironico, che detto tra noi, mi piace moltissimo, potevi aggiungerci "imbiancati" ah ah ah De (i) Sepolcri imbiancati ah ah ah

- Spiritoso! E’ carino, sì. Ma no, darebbe un taglio moralista, in fondo non voglio giudicare nessuno. Mi piaceva solo l’idea di mettere insieme questi avvenimenti, riflettere sulla memoria collettiva e il ricordo personale, farti sapere le novità sul dopo morte nelle reti sociali.

- Hai messo insieme troppa roba, potevi limitarti a meno.

- Sono barocca e prolissa, mi piace confondermi e confondere.
Questa storia che non lo capirebbero è inutile. Uno le cose le fa perché pensa abbiano un senso, poi se qualcuno le capisce, bene, altrimenti ciccia. Le capiranno da qualche altra parte, è il bello di internet.
Non ho la presunzione di sapere cosa è giusto, cos’è la memoria, chi ha il diritto di gestirla e come gestirla. Di sapere cos’è arte, di gestirla e come.
Ricorda, ai tuoi tempi, Ippolito, si scavavano i siti archeologici per trovare statue e oggetti preziosi distruggendo qualunque altra cosa considerata inutile. Si cercava l’opera iconica, commerciabile, quindi munita di valore economico! Il concetto di bello, buono e giusto coincidevano. Naturalmente, nello scavo non era contemplato l’uso dello studio stratigrafico: quell’idea per cui in un sito tutto è indispensabile per ricostruire e comprendere un contesto, anche i legni combusti. Serve tutto  anche le cose stortignacchere e bruciacchiate.
Complessità, Ippolito, complessità!
Gli altri si chiamano tombaroli!

- Andiamo, siamo in ritardo. Quanto sei confusionaria! Cosa c’entra adesso la stratigrafia?

- Io penso così, a voce alta, confusamente. E’ quella storia della cultura come petrolio, ecco cosa c’entra, se fa guadagnare va bene, se no, non serve a niente. Le palanche, Ippolito, le palanche!

La grande impresa sarà in collina. Altro cimitero storico. Abbiamo prenotato la visita con la guida alle 13,45. Per raggiungerlo passiamo per Saint Pancras e usciamo alla stazione di Archway. Saliamo un po’ di corsa, siamo in ritardo. Eccoci, siamo arrivati. La collina è questa.
Highgate Hill, Londra Nord-Ovest.
Leggo…


Il Cimitero di Highgate è stato realizzato dalla London Cemetery Company nella zona settentrionale di Londra su una collina panoramica da sempre abitata da intellettuali e londinesi benestanti. Diviso in due parti, l’area più antica ad ovest, entrata in funzione nel 1839, la più recente ad est, entrata in funzione nel 1854.
 
La zona ovest del cimitero può essere visitata soltanto accompagnati da una guida, poiché è di fatto una riserva naturale. Nel XIX secolo è stato parte di un piano di costruzione di sette grandi e moderni cimiteri al di fuori del centro abitato di Londra, secondo direttive già tracciate dall'editto di Saint Cloud, chiamati “Magnificent Seven”. Il fine principale era naturalmente fare soldi. Nella seconda metà del novecento ha vissuto momenti di abbandono e, fino al 1975, anno della sua chiusura, ha avuto una storia piuttosto travagliata. Grazie all’intervento del Friends of Highgate Cemetery Trust, che riuscì a comprarlo ad un’asta per 50 sterline, fu riaperto nel 1981. Da allora il Trust e una Associazione ne curano la manutenzione e il parziale restauro, le visite guidate servono a finanziarne i lavori.

L'intera collina, fino agli inizi del XIX secolo era occupata da un bosco, abbattuto per fare spazio alle sepolture, oggi, grazie al progetto di riqualificazione è tornato ad ergersi rigoglioso; tutta l’area è una zona selvatica di grande bellezza, una riserva naturale che accoglie centinaia di specie animali tra cui uccelli, pipistrelli e persino volpi. Nonostante l’Associazione privilegi salvaguardare il bosco, il cimitero è ancora utilizzato. In questa area è sepolto Alexandr Litvinenko, agente dei servizi segreti avvelenato con il polonio radiativo. Nella zona est, di libero accesso, è sepolto Carl Marx e, qualcuno ogni tanto si diverte a vandalizzarne la statua.











ARC

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