venerdì 19 luglio 2024

Conversazione con Tatiana Villani (I parte)


Incontro Tatiana Villani nel suo studio a Viareggio.

Per via dell’estensione, la nostra conversazione è suddivisa in due parti.
Mi racconta della scoperta di sempre nuovi pensatori che avvalorano la giustezza teorica a sostegno dei suoi progetti artistici. 
In questo momento sta leggendo Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto della filosofa Donna Haraway, caposcuola delle teorie Cyborg, - non più solo invenzione fantascientifica ma metafora della condizione umana - che l’ha condotta a rimettere a sistema certi passaggi del suo lavoro e confermare la giustezza di pratiche adottate in passato. Come Chthulucene rappresenta una conferma all'esattezza del percorso svolto, così la metafora del fungo di Anna Tsing, autrice di Il fungo alla fine del mondo, è stata occasione per la realizzazione di sistemi costruiti sul pensiero tentacolare, insospettate alleanze tra mondo organico e inorganico.
Nei progetti di Tatiana teoria e prassi non si contraddicono, azioni e opere sono in perfetta corrispondenza, arte-scienza come metodo per parlare di politica.

 
Naturalia, esplorazione di gruppo, 2021

ARC – Cosa stai realizzando in questo momento?

TV – Sto leggendo. Mi è capitato più di un a volta di leggere dei libri e pensare: <<Oh caspita, è quello che ho fatto e non lo sapevo>>. Mi era capitato prima con Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne di Jude Ellison Sady Doyle quando avevo creato i miei figlioli tutti deformi, i semi, eccetera, poi avevo trovato Anna Lowenhaupt Tsing Il fungo alla fine del mondo e l’idea delle comunità informali. In questi giorni ho ripreso in mano Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto di Donna J. Haraway. Non avevo mai trovato il momento giusto per leggerlo.

ARC Qual è il centro di Chthulucene? Di cosa tratta?

TV – L’idea è quella di reimpostare all’interno di un mondo infetto delle nuove teorie di sopravvivenza. Lei è una femminista antispecista. Partendo dalla biologia guardare cosa succede per capire come comportarsi. Esattamente come ho sempre dichiarato: il rapporto tra arte e scienza è il modo di parlare di politica. 
Donna Haraway racconta di scoperte biologiche legate alla differenza tra autopoiesi (N.d.R.  la capacità di un sistema vivente complesso di mantenere la propria unità attraverso reciproche interazioni dei suoi componenti) e simpoiesi (N.d.R. termine creato da Haraway che si può leggere come “divenire con” in cui l’essere umano non può prescindere dalle relazioni che ha con organismi fuori e dentro il proprio corpo). Un mondo dove le nuove creature nascono per sintesi di più creature.

Naturalia, simbiosi opera albero, 2021

ARC Una sorta di ibridi.

TV – Sì. Di solito sono animali che vivono ai margini, che non sono quelli amati e mitici, sono animali tentacolari che non vediamo e ci fanno un po’ schifo.


Gianni, silicone e unghie sintetiche, 2019

ARC Animali che vivono in ambienti ctoni, al buoi, sotto il mare, nelle grotte.

TV – Sì. Lei parla tantissimo dei coralli e dei licheni che sono stati lo specchio di quello che stavamo costruendo. A partire da lì che si è parlato nel mondo geologico di Antropocene. Fine Novanta, primi Duemila. Antropocene era diventato questo termine cappello per dire: <<stiamo modificando>>.


Germina, Razza, Orto Botanico, Lucca, 2021 


ARC Se n’è un po’ abusato, col rischio di utilizzarlo per qualunque cosa, soprattutto in ambito letterario.

TV – Adesso se ne parla meno, perché si rischia di creare detriti. Haraway passa da Antropocene a Capitalocene.

ARC Più interessante.

TV – Anche più reale. Perché non è l’uomo in sé che distrugge, quanto il capitale.

ARC – Certo, il capitale che in età moderna, dall’epoca delle scoperte geografiche fino al commercio triangolare, infine definitivamente, con l’industrializzazione ottocentesca è quello che infetta.

TV – Con il carbone. Con il carbone si è creata questa questione sul bioma. Siamo passati da una condizione più simbiotica ad una condizione estrattiva. Haraway dice che siamo in un’era del Capitalocene che ci ha portato in un mondo infetto. Non parla di emergenza, parla di urgenza perché non le piace l’idea della fine del mondo, perché deresponsabilizza, mentre l’urgenza ci dice <<Ok, c’è qualcosa che dobbiamo fare>>. C’è questa prospettiva vitale.


In studio, Seed and Körperland, particolare 

ARC Quando si parla di fine del mondo c’è sempre questa accezione mistico religiosa, fuoco, terremoti, maremoti ecc.

TV – La fine del mondo è distopica e la distopia è depressiva. Mentre l’utopia che è costruzione deve prevedere degli spiragli di speranza. Da Capitalocene Haraway passa a Chthulucene. In questa nuova fase individua un essere ctonio simile ad un ragno, un essere tentacolare che si chiama Chthulu.

ARC Ricorda la divinità del ciclo di Cthulu di H. P. Lovecraft, precursore del New Weird.

TV – Precisamente. Haraway si inventa un mondo. Parla di “mondeggiare fs” (si inventa le parole), dove fs è la sigla che raccoglie fantascienza, che raccoglie femminismo sovversivo, che raccoglie tante cose sotto la sigla fs, quindi non è univoca. 

Fa riferimenti biologici precisi, non tira a caso, per immaginare un mondo che mangia, che punge, che vive. Questa cosa della mancanza di unicità, di essere unidirezionali, è tipico di quelli che chiamano oloente che sono delle costruzioni sistemiche, partendo dal concetto di olobionte che è un essere composito somma di tanti bios differenti che costituiscono un animale solo. Partendo dall’idea di olobionte creare gli oloenti.

Work in progress, rapporto scultura-gatto, 2023


ARC In comunità. Esseri che crescono in autonomia seppure in comunità simbiotica e creano mondi giganteschi, basta pensare alle barriere coralline e altri sistemi.

TV – Delle barriere coralline parla tantissimo, perché è il sistema che è stato colpito di più nell’Antropocene e Capitalocene. Dice che la morte delle barriere coralline a noi sembra la morte di ecosistemi e biodiversità, ma non è solo quello, è anche la nostra morte. Perché ci sono tante persone che lavorano, comunità che si spostano ecc. sono effetti a catena.


Naturalia, semi di Acacia, disseminazione, 2021

ARC Di recente ho sentito di un essere, a me sconosciuto, il Vermocane, che sta creando problemi ai pescatori siciliani. Attaccherebbe - non si capisce bene perché, dato che è un animale piuttosto mite che vive nei fondali e si nutre di carcasse - i pesci in rete per mezzo di setole urticanti, danneggiandolo. Non sarebbe una minaccia in se e per se, ma i pescatori siciliani sono in allarme perché il pescato in questo caso non è vendibile.

TV – Sono effetti a catena che colpiscono i pesci nella rete, l’economia del pescatore che non li può più vendere ecc.

ARC In questo periodo sei impegnata nella lettura di Donna Haraway. Hai in previsione un progetto impostato su Chthulucene?

TV – In questo caso in realtà è stato più un chiarimento di quello che ho già fatto. Ho provato a costruire dei sistemi scientifici attraverso oggetti che in realtà non esistono ma esistono i modi in cui questi oggetti si comportano. Per ricostruire ecosistemi, avevo cominciato ad ibridarli. Usando i miei semi in natura avevo visto quanto la natura fosse infetta e contaminata, avevo costruito dei nuovi mostri ibridi tra naturale e artificiale che sopravvivevano in una realtà infetta. Leggere questo testo è come rimettere a sistema questi passaggi che parlano di politica, che parlano di arte e scienza, come sistema per avvalorare teorie che per me sono vitali: il femminismo, l’antispecismo, l’interconnessione, il fatto di non considerarsi separati. Fanno tutti parte del mio lavoro, lo facevo già prima.


Semi fonte, Turchia, Biennale Ҫanakkale, 2022


ARC – Avevi necessità di fare il punto, confermare la validità del lavoro fatto. Con Chthulucene sei in una fase riflessiva, di studio.

TV – L’ho riconosciuto quando l’ho incontrato ed è stata una specie di gioia sapere che esiste una tribù, che non sei sola.
Quando faccio questi processi, spesso mi confronto con altre artiste, a volte faccio dei processi in studio, riflessioni mie personali, all'inizio sono amorfe. Rispecchiarti, in qualcosa che è stato così importante per le teorie negli anni Venti e vedere che tu stavi facendo quella strada lì, ti fa sentire parte di una tribù e ti fa sentire sulla strada giusta.
Il nostro lavoro è un lavoro faticoso, sentirsi continuamente fuori dal mondo non è agevole, da tanti punti di vista. Questa cosa ti rimette dentro il mondo, non al centro, dentro il mondo.

ARC Che tipo di confronto instauri con altri artisti?

TV –Ci sono molti artisti che ragionano come me i cui esisti sono diversi sia esteticamente che formalmente. In alcuni casi si lavora insieme. Lavoro in vari collettivi ma le forme di rado diventano simbiotiche. Invece questo lavoro nuovo - che ti facevo vedere prima che iniziassimo l’intervista - è nato come idea simbiotica (N.d.R. Progetto work in progress con l'artista australiano Richard Keville). Rich aveva visto il mio lavoro in studio, io il suo, tutta un’altra ricerca sulla scultura di luce e sul costruttivismo. Da lì è nato questo nuovo progetto composto da queste due realtà che si sono fuse velocemente creando una realtà simbiotica che ancora non è risolta. E’ ancora un lavoro grezzo.

Continua…

  

 

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