giovedì 9 ottobre 2025

Antonio Sotgiu. Dalle 18.50 alle 19.54: un'ora di Milano




Un'esperienza che facciamo delle immagini comunemente con lo smartphone è quella dello scatto indimenticabile da condividere immediatamente in rete, l'altra è l'accumulo di foto realizzate compulsivamente e abbandonate in cartelle virtuali che probabilmente non riapriremo mai.

Consapevole che il nostro non è più il tempo della flânerie, delle scoperte casuali scaturite dal bighellonare senza meta, dello sguardo innocente, Antonio Sotgiu sceglie ancora una volta di utilizzare il suo smartphone per catturare momenti, inquadrare i frammenti di una città che conosce bene e muoversi come un turista o un collezionista di cartoline, guardando Milano nell’ora più banale, mentre si dirige ad un appuntamento. Un tempo vuoto, in una città che non ammette tempi morti. 






Lo smartphone è certamente il dispositivo che nel XXI secolo, dall’invenzione della fotografia in avanti, ha avuto l’impatto più significativo sulla quantità di immagini registrate al mondo, superando persino la somma di quelle realizzate da fotografi professionisti e amatoriali, in analogico e digitale, nei duecento anni della sua storia. Il suo utilizzo nell' esclusiva funzione di fermare ogni momento e archiviarlo, ha creato una compulsione a guardare il mondo attraverso uno schermo, un riquadro artificiale, senza vedere veramente. Guardare è interpretare e restituire in altra forma. Invece, nella compulsione, ogni volta che tocchiamo il vetro dello smartphone, per magia il tempo si ferma. 
I famigerati selfie, la collezione di immagini vacanziere, le foto di cerimonie, i momenti intimi, foto rubate o alterazioni in post produzione condivisi con il mondo intero, non più scambiate nel privato dell'uso familiare e domestico, hanno modificato certamente i costumi della nostra società.





Dalle 18.50 alle 19.54: un'ora di Milano è un progetto nato dalla riflessione sul tempo come compulsione.

<<Questo progetto non solo cattura momenti specifici, ma invita a una riflessione più profonda, trasformando l'ossessione per il tempo in consapevolezza del suo valore.>>

In poco meno di un’ora, mentre si reca ad un appuntamento con l’amico fotografo Maurizio e Giusy, la sua migliore amica, Antonio scatta immagini di luoghi iconici, riconoscibili in quella che è nell' immaginario la Milano instagrammabile. Per l’occasione indossa le vesti del turista vorace e prima che il tempo finisca, in pochi minuti cattura istanti, accumula scatti e immagini di vite, luoghi riconoscibili e iconici di una città frenetica, quasi potesse davvero chiuderla in quel piccolo spazio.

<<Il nostro tempo è spesso scandito dalla frenesia di come impiegarlo, evitando di sprecarlo e cercando di farlo fruttare al massimo, fino a volerlo monetizzare.>>

Monetizzare il tempo, il più noto luogo comune della città meneghina, in parte verità, in parte leggenda. Antonio prova a dargli una forma visiva in una contraddizione tra frenesia e lentezza, tra il tentativo di prendersi tempo e lasciarsi prendere dal tempo, attivando una contraddizione: sfruttare al massimo il tempo che si è concesso, quell'ora scarsa del titolo e, non volerlo sprecare.

<<Ha dedicato un'ora, dalle 18.50 alle 19.54, a scattare, correggere e post produrre le immagini realizzate in quel breve lasso di tempo. Il progetto ha come soggetto persone e luoghi in giro per Milano, catturando la vibrante quotidianità della città.>>





Nel precedente progetto A Different Point Of View, presentato nel 2022 alla 17TH edizione del PHOTOFESTIVAL, nello spazio Kryptos a Milano, Sotgiu aveva scelto ancora una volta lo smartphone per condurci in un mondo ad alto contenuto estetico e raccontarci il suo punto di vista sulla costruzione dell’immagine femminile e la realtà del femminile. Il punto di vista di chi lavora nella moda è ne conosce tutte le dinamiche. 



 

Anche questa volta attiva il punto di vista di chi conosce bene cosa sceglie di mostrare. Dalle 18.50 alle 19.54: un'ora di Milano, racconta le persone, i luoghi, la città, soprattutto racconta sé stesso e il suo sguardo sulla città.




Chi non è mai stato a Milano può riconoscere nelle immagini i tratti distintivi della città, i suoi monumenti, poiché introiettati, in quello che Walter Benjamin ha definito "inconscio collettivo", una costruzione artificiale data dalla visione di immagini fotografiche e cinematografiche, divenute familiari. 




Da un punto di vista stilistico Antonio sceglie di utilizzare i bianchi e neri di Henri Cartier-Bresson e per contrasto il cromatismo Pop di David La Chapelle, affiancando così ancora una volta i frammenti di una contraddizione: l'immediatezza dello scatto in b/n, una sorta di realismo per convenzione e i colori sgargianti, la teatralità barocca, la post produzione. Il tutto confluisce nel suo personale linguaggio narrativo, in quelli che definisce "collage": dittici o trittici di scatti associati per contrasto o analogie, una sorta di piccole narrazioni, parte fondamentale del suo modo di guardare e raccontare.


ARC

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