scusa il ritardo con cui rispondo alla tua ultima lettera, ma l’eccesso
di parole e di visivo hanno prodotto in me uno strano sintomo di rifiuto verso
qualsiasi immagine, verso qualsiasi riflessione che non fosse il quotidiano
andamento delle cose.
Per disintossicarmi, stranamente, ho dovuto immergermi nella moltitudine
del Barocco Romano.
Dopo l’abbuffata bulimica in un fine settimana tra Borromini, Bernini,
Caravaggio e chi ne ha più ne metta, mi ripulisco con il sublime del
contemporaneo.
Il discorso di Gramsci sul principe-partito è quanto meno attuale,
altrettanto quello riguardante il laicismo.
Ho lasciato passare del tempo prima di riprendere la nostra
conversazione, perché i temi di cui ti stai occupando richiedono riflessione,
ponderatezza.
Ho visto le foto dal video di Quaderno
13, spero di poter vedere anche il video. http://stefanoserusi.blogspot.it/2015/02/stefano-serusi_4.html
Trovo molto interessante che “il ragazzo” rappresentato non abbia le tue
fattezze (ne abbiamo parlato). Avevi ragione sul superamento
dell’auto-rappresentazione.
Ho riflettuto su quanto ci siamo detti a proposito dell’immagine
dell’artista, della riconoscibilità del volto, della sua riconoscibilità nelle fattezze
fisiche e sono arrivata alla conclusione sia necessario superare se stessi,
arrivare all’altro nella forma e nel contenuto. La bulimia barocca mi è
servita.
Alcune casualità quotidiane, banalità del vivere rendono possibile lo
scaturire di idee, altrettanto evocative visioni su cui costruire narrazioni.
Il testo introduttivo al libro di Lorena Carboni (che mi ha fatto leggere, al di fuori del nostro carteggio) è stato per me illuminate. Ho potuto mettere insieme elementi, per me sfuggenti, sul tuo percorso progettuale, un filo che lega le tue opere sin dalle prime performance.
Il testo introduttivo al libro di Lorena Carboni (che mi ha fatto leggere, al di fuori del nostro carteggio) è stato per me illuminate. Ho potuto mettere insieme elementi, per me sfuggenti, sul tuo percorso progettuale, un filo che lega le tue opere sin dalle prime performance.
Confesso che ho spesso difficoltà a cogliere ciò che di più profondo si
annida in un opera, a volte non so andare al di là della pelle, dell’estetico.
Mi metto nei panni di chi non ha ancora elaborato il lutto del divorzio tra estetico
e artistico, che il Moderno ha prodotto e che il Contemporaneo vive nella
contraddizione più caotica e non capisco come possa sopravvivere. Andare oltre
la pelle del bello, “immaginare qualcosa a partire da ciò che non è ancora accaduto”, invece che cercare tra
le pieghe del passato una giustificazione al presente, è cosa assai complessa.
Ti dico questo perché, è inevitabile, per me, guardare al tuo “ragazzo” del
Quaderno 13 senza il velo di un
“David” esistente e cercare nel “è stato” una comprensione del “sarà”.
In questa mia nebbia, mi viene in soccorso il testo introduttivo al libro
di Lorena Carboni.
Ci sono delle assonanze tra la raffigurazione del personaggio “principe-ragazzo”
nelle foto del Quaderno 13 con “il
ragazzo” citato nell’introduzione. Il personaggio de “il ragazzo”, a cui fai
riferimento nel testo, è qui nel Quaderno
13 raffigurato nella sua azione in potenza “irradia una luce volutamente flebile su ciò che la
circonda, nella convinzione forse che l’azione comporti una forma di giudizio
sulle cose”.
Miagolo
nel buio. Ho sempre più forte la sensazione che il senso vero di un’opera mi
sfugga e, provo una profonda frustrazione.
A
presto.
ARCStefano Serusi. Il quaderno 13, 2015. Video 13' 21'' |
Ciao Anna Rita,
nel constatare che le tue deduzioni sono sempre
pertinenti, mi stupisce il tuo disagio rispetto all'uso - per te evidentemente
naturale - di un codice non esclusivamente razionale, ma emotivo, empatico. Se
mi capita di avere, rispetto all'arte "sublime", un disagio, non è
per valori artistici oggi mutati ma al contrario per come vedo l'arte di ogni
epoca eccessivamente musealizzata, soffocata. Mi hai fatto pensare quanto il
David di Bernini (rispetto a quello michelangiolesco) sia un autoritratto,
quello di un uomo giovane in una società profondamente malata, decadente, quale
la Roma seicentesca, alla quale l'artista sceglie comunque di dare le sue
migliori energie. Forse Bernini dovrebbe stare in un museo moderno, e non fra
altri marmi che attorno definiscono stipiti e pavimenti. La Pietà Rondanini a
Milano è esposta in un'abside di cemento che mi ha sempre fatto pensare alla
volontà degli architetti, i BBPR, di evocare un bunker, nell'età del
"miracolo economico" già così lontana dalle ristrettezze della
guerra...
In merito alla collaborazione con Lorena Carboni per
la raccolta "La mia sola casa", che sarà pubblicata tra poco,come
anticipi, oltre alle immagini ho scritto anche un'introduzione, il che è raro
per un artista. Questo ulteriore contributo è nato perché quando ho letto i
testi ho ritrovato in chi racconta in prima persona molti caratteri della
figura del "ragazzo" che ricorre nel mio lavoro, una figura che senza
giudizio ci riporta ciò che vede, ma della quale non conosciamo mai il ruolo
effettivamente agito nella realtà. Lorena negli ultimi anni ha contribuito molto
al mio lavoro, direttamente e indirettamente, facendomi avvicinare dal punto di
vista intellettuale e persino tecnico alla poesia, e al suo rapporto con altre
forme espressive d'ambito umanistico (una necessità di ampliamento, o meglio di
completezza, che un artista dovrebbe fare propria).
Concludo con alcuni versi tratti da "La mia
sola casa":
![]() |
Stefano Serusi. Litorale, 2015. Immagine per la raccolta poetica La mia sola casa |
Sembra resuscitare il
d’Aquila
intero, ogni mattina,
per impulso della stessa
memoria interna
distrugge e rifà le mura
al Lido.
Riproduce la stessa
estate.
Nella dolcezza genera i
corpi
fatti di quella materia
che si abbandona così,
elasticamente,
all’erosione.
Dove trovare Stefano Serusi:
Lettere:
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