
Passo a
trovare Barbara Fluvi per un caffè. La sua casa è anche studio. Vediamo i suoi
lavori, parliamo della fatica di fare arte, la frustrazione della
sopravvivenza, i vecchi e nuovi progetti, l’importanza di lavorare e scambiare
idee con altri artisti: il Collettivo superazione, le
collaborazioni con Dada Boom, l’Imboscata.
Chi è
Barbara Fluvi?
Diplomata
negli anni Ottanta all’istituto d’Arte di Firenze in grafica pubblicitaria e
fotografia, sin da subito si interessa di video arte e al rapporto fra azione e
movimento che svilupperà più avanti in brevi Video pitture. Negli anni Novanta si
interesserà anche a opere plastiche, installative e relazionali, l’interazione
diverrà parte fondamentale del progetto. Nel 2016, insieme a Giacomo Verde,
Katia Lari, Murat Önol, Paola Bonaiuti e Silvia Mordini fonda il Collettivo superazione.
Un primo
progetto è una tre giorni dedicata alla performance art, 3Days, per due anni consecutivi
alla Fornace Pasquinucci, a Montelupo, in seguito al teatro Rossi occupato di
Pisa. Nel 2017 il Collettivo si presenta con un opera artistica Il tempio dell’incerto, e Idea Fissa per ARCHI-TE’ incontri trasversali alla Biblioteca
di Scienze, Tecnologiche-Architettura Università di Firenze nel quale presenta Ideafissa: Cruci.
Nel 2022, durante la mostra dedicata a Giacomo Verde, prematuramente scomparso,
il collettivo realizza alla CaMEC di La Spezia la performance Ognuno è Troia a
modo suo.
Il lavoro
di Barbara ha il suo centro motore nella quotidianità e nella vita reale. La
saldatura arte-vita è un’aspirazione faticosa da raggiungere, si scontra con il
pregiudizio e un ambiente dell’arte sempre più superficiale e modaiolo.
Soggetto privilegiato è da subito il corpo, materiale plastico da modellare,
smontare e rimontare, spezzettare, allungare, annodare fino a diventare
congegno meccanico, sessuale, apparato digerente, gioco sociale, bambolotto da
manipolare.
Non rende
artificiale alcun tema e non privilegia alcuna tecnica, sperimenta pratiche
differenti finalizzando le scelte alla buona riuscita del progetto: disegni
manuali per le Videopitture, macchina fotografica, grafica e poliuretano espanso
per le differenti versioni del progetto Umanimale; argilla, alluminio,
alabastro, marmo per le sculture, pittura e pennelli per i quadri, la macchina
per cucire per l’abito scultura indossabile Adamitico, realizzato per BAU 13
“Dress Codex”, cotone e uncinetto per Billi o Solipso realizzati
rispettivamente per lo Studio Elisi e per EGOZERO a Pontorme.
Le sue
opere toccano tutte le questioni della vita: la condizione umana è
rappresentata da un corpo che risponde a esigenze primarie come mangiare, fare
sesso, relazionarsi in forme basiche, assumendo di volta in volta forme
grottesche, meccaniche e ludiche, oppure è giocata nelle relazioni pubbliche,
nei bisogni, nelle responsabilità sociali. Le Videopitture daranno vita e forma
a personaggi che torneranno più volte in opere che si muovono e si compiono
solo con l’intervento del fruitore, seppure con esito talvolta incerto,
lasciando il completamento al caso e all’eventualità di un fallimento: Clessidre,
Ruotami, Spin and win, Viaggio esperienziale, Oltre, Crollo in caduta libera,
Strategie in periodi di crisi.
ARC – Iniziamo a parlare de l’Umanimale. Nella sua versione grafica è qui
di fronte a noi. Di quand’è
questo progetto?
BF – L’Umanimale è un progetto iniziato nel 2012 sotto forma di pittura,
nel tempo è stato elaborato in diverse forme, si è poi concluso dopo cinque
anni con una foto e un video. Questa pittura è uno dei primi lavori.
ARC – Poi è arrivata la versione plastica?
BF – Sì, esiste un lavoro in
poliuretano, e in seguito è arrivato quello che rappresenta meglio a mio avviso
tutto il progetto: l’essere umano in carne e ossa, fissato da una foto.
ARC – Ha fattezze umane ma sembra un
bambolotto. Chi ha posato per la foto?
BF – Ho cercato
fra vari amici un corpo che potesse rappresentare al meglio la mia idea, Murat
Önol ha accettato come un cristo di “sacrificarsi”. E’ un artista performer
turco, fa parte dei Superazione, la
foto è stata scattata dall’occhio maestro di Alessandro Giannetti negli spazi
dell’officina Dada Boom, a Viareggio
nel 2017.
ARC – E’ un solo scatto?
BF – Esiste
anche un video fatto da Katia Lari che riprende l’azione pittorica sul corpo.
Un atto sacrificale, una domanda muta senza risposta tra il carnefice e la
vittima, l’azione ha richiesto internamente una concentrazione quasi una
preghiera, sono stati momenti intensi. Peccato non aver pensato di trasformare
quel momento così carico di forza in una azione pubblica.
ARC – Questo cos’è? Ha il guinzaglio e le
ruote. Me ne parli?
BF – E’ un
lavoro dedicato a Giacomo Verde.
ARC – Un modo per portare avanti i progetti.
BF – Soprattutto era un modo per stare
con lui, per essergli vicino in un momento così delicato, eravamo consapevoli
che ci saremo salutati presto. In una delle ultime occasioni ci disse:
<<Vi faccio una delle mie ultime performance>>, prese il
pappagallo, ci orinò dentro e disse: <<Cari amici, quando sarò morto, per
il mio funerale fate tutti un’opera sul pappagallo!>>
ARC – L’hai fatta in quell’occasione.
BF – Sì, ho messo le ruote di un vecchio giocattolo e il guinzaglio del gatto. Si intitola Per Giacomo, credo che gli sarebbe piaciuto molto. Il giorno del suo funerale molti artisti hanno partecipato a questa richiesta, tutti gli spazi erano pieni di “pappagalli”. Giacomo aveva lasciato disposizioni per il suo ultimo saluto, è stata una festa molto sentita.
ARC – Parlami degli inizi. Come hai iniziato?
BF – Fin da
piccola sono stata una persona solitaria, passavo molto tempo a dipingere, il
mio linguaggio comunicativo si è sviluppato intorno al mondo delle immagini e
delle forme.
ARC – L’avevo intuito. Poi cos’hai fatto?
BF – Terminata la scuola, ho lavorato
in varie agenzie di pubblicità come grafico, in seguito mi sono formata nel
restauro di pitture murali, per molti anni è stato il mio lavoro.
ARC – L’arte a questo punto rappresentava un
secondo lavoro?
BF – Sì vero, è
stato un secondo lavoro, ma per vivere ho sempre cercato di fare dei lavori
collegati in qualche modo all’arte.
ARC – Molti artisti fanno un altro lavoro. E’
difficile vivere d’arte.
BF – Vero, molti artisti vivono facendo
altro, è difficilissimo trasformarlo in un vero e proprio lavoro, per tanti
motivi. Altri più fortunati non hanno bisogno di lavorare, trovandosi così a
disposizione tempo per studiare, elaborare, arricchire e approfondire il loro
percorso. La mancanza di tempo da poter dedicare alla cura dei lavori è sempre
fonte di frustrazione, manca sempre il tempo per fare meglio.
ARC – Quando dicevo che trovavo molto
interessanti i tuoi lavori, avevi un approccio un po’ stressato all’idea di
parlarne con me. Realizzare questi progetti è sicuramente un modo per
affrontare questo stress.
BF – Hai
centrato il punto, l’idea di parlare dei miei lavori mi imbarazza per diversi
motivi.
ARC – Tutti i tuoi lavori trattano di questo: della condizione umana, dello sfruttamento del corpo, dello sfruttamento della forza lavoro, delle relazioni. L’ultimo, il dipinto della bambolina snodabile, mi pare si chiami Duncan, quello che hai presentato a settembre a Pontorme per EGOZERO, è un potenziale oggetto da animare, come del resto fai spesso con i tuoi lavori.
BF – Il titolo
dell’opera Duncan, fa riferimento
alla collezione delle paper dolls L&B
di EK Duncan del periodo vittoriano, il lavoro si presenta con una di queste
bambole smontabili, ho usato le parti del corpo originali, come il volto e gli
arti, assemblandoli in modo differente. E’ un lavoro sulla trasformazione dei
corpi, dalle possibilità e dall’uso che oggi ne facciamo, il poter diventare
fisicamente e mentalmente altra cosa da quello che si è stati fino a quel
momento, di rimontarsi e farsi a proprio piacimento. Fino a qualche decennio fa
a parte qualche intervento di chirurgia estetica era impensabile poter vivere
in un corpo differente da quello in cui nascevi, questa possibilità mi crea
interesse di studio.
ARC – E’ un altro modo di declinare Umanimale, infondo.
BF – Sì, tutti e due sono fatti
fisicamente a pezzi, uno per essere sacrificato, ucciso, l’altro per
modificarsi e vivere in modo differente.
ARC – Parlami dei primi lavori?
BF- Ho avuto
una prima fase pittorica nella quale ho usato colori ad olio, sono studi sul
movimento e ritratti di amici, contemporaneamente lavoravo sul segno grafico
cercando di arrivare alla massima essenzialità, poi la scultura, accompagnati
sempre dal lavoro di fotografia e video.
BF- Le prime sculture, sono in ceramica Uniti, Yoga, con la pietra La decollata, in alabastro Due forze opposte, Il bacio della suocera in marmo.
ARC – Materiali molto tradizionali.
BF – Sì, il
primo approccio con la scultura è stato volutamente con materiali tradizionali,
usare lo scalpello manualmente su pietra marmo alabastro è stata una scoperta
emozionante, una sorta di innamoramento, il togliere da un blocco e sapere che
dentro c’è tutto quello che serve per fare l’opera e che si svela da sola dopo
giorni di paziente lavoro.
BF – Ecco, questa è La decollata.
Poco più in
là, ce n’è un’altra che attira la mia attenzione.
ARC – Questo è molto interessante. Fa parte
delle prime sculture?
BF – E’ una
delle prime cose che ho fatto in ceramica. Gioca sulla forma dell’urna etrusca,
ha delle ruote e sopra come coperchio o tetto c’è disteso Mi faccio portare, che forse sono io. Nella parte frontale in
verticale c’è una rappresentazione del gioco tra la vita e la morte, un tira e
molla. Pur essendo un’urna cineraria non è un oggetto triste, sembra che
l’omino con grande gioia sia pronto per lasciare questa vita perché lui si fa
portare ovunque.
ARC – Mi faccio portare è una fase di passaggio tra Gli uniti, La decollata, Yoga e i successivi mostri?
BF – Sono stati fatti nel solito
periodo. Questo è Mi faccio portare
in altra versione, è una fusione a cera persa in alluminio fatta alla
Fondazione Merighi di Bologna, ho potuto seguire tutto il processo di
lavorazione, l’OMINO era tutto un tubo, canali di drenaggio, tubi di sfiato,
tubo di entrata per la cera quello di fuoriuscita, incredibile. Al momento è
l’unica fusione che ho fatto.
ARC – Non hai mai privilegiato materiali o tecniche specifiche. Hai sempre lavorato su tematiche che ti interessavano e sceglievi tecniche e materiali in funzione del progetto.
BF – E’ il progetto che sceglie il
materiale, o meglio, il materiale si presenta autonomamente, bussa alla porta
ed io apro. Prima di eseguire un’opera non faccio mai uno studio accurato con
dei bozzetti preparatori, mi toglie ogni entusiasmo, lavoro così anche per le
sculture complicate, mi affido alla materia, i personaggi o temi li lascio vagare
nella testa, in qualche modo poi escono fuori collegati ai materiali da usare.
ARC – Cos’è questo. È molto bello, me ne parli?
BF - Questo è Me ne lavo le mani.
ARC – E’ sapone di Marsiglia. Parlami di questo lavoro.
BF – E’ un progetto sulla
responsabilità, sono saponi da bucato incisi manualmente, mi piace usare
materiali di uso comune e in questo caso specifico ha una valenza in più;
essendo un materiale comune, tutti lo usano e tutti se ne lavano le mani... Al
momento i lavori sono due: Me ne lavo le
mani, l’altro Neutro, né l’uno né l’altro. La responsabilità
inizia quando incontri l’altro, ti mette di fronte a dei limiti che non puoi
superare, anche non prendere posizioni è mancanza di responsabilità, essere
partigiani vuol dire scegliere, stare da una parte. Un tema che dovremmo
approfondire perché è scomparso, lasciando posto all’individualità e
all’indifferenza. Ho elaborato anche il packaging con le istruzioni d’uso.
ARC – Tutta la tua esperienza di grafica è espressa al massimo in queste scatole bellissime. E’ un lavoro che stimola tutti i sensi: l’olfatto, il tatto, la vista.
BF – Grazie, è un lavoro a cui tengo
molto.
ARC – Hai realizzato molte opere che si muovono e si compiono solo con l’intervento del fruitore, seppure con esito talvolta incerto, lasciando il completamento al caso e all’eventualità di un fallimento.
BF – Questa è una delle opere che si
muovono. Il tema si basa sulla fortuna di nascere dalla parte giusta del mondo,
sulla non possibilità di scelta; il libero arbitrio nelle “grandi leggi” è
impossibile. E’ una ruota in legno montata su un perno, funziona solamente se
la giri con una spinta, si chiama Spin
and Win, gira e vinci! Lei ti dà immediatamente responso.
ARC – Tipo la ruota della fortuna?
BF – Sì proprio lei, però la devi
provare!
ARC – Come devo girare? Ecco, così…SEI VUOTO DENTRO (ridiamo)
BF – No, l’ho girata io, riprova.
ARC – SEI VUOTO DENTRO (ridiamo ancora)
BF –
Riprova ancora…
ARC – Riprovo… LAVORO IN MINIERA 7000 MORTI
L’ANNO. Ancora… HO SPOSATO FELICEMENTE MIO MARITO A SEI ANNI. Il successivo
STAI FERMO UN GIRO… riprovo…AFFOGA! Beh! Tutte molto consolatorie.
ARC - Dove lo hai esposto?
BF – Un lavoro pensato per una mostra
organizzata da SKEDA a Prato
sull’immigrazione. E’ stato curioso vedere con che timore le persone
attendevano il risultato nefasto.
ARC – Sono tutte terribili… HO CINQUE ANNI E MI
PROSTITUISCO PER SCELTA……ACIDO SOLFORICO SU MIA MOGLIE
BF – Di positivo c’è solamente un VINCI
UN BOMBOLONE
ARC – Questi lavori si muovono e muovono,
creano relazione attiva, sono sempre un gioco.
BF – Questo è Strategia in periodi di crisi. E’ stata realizzata per il progetto OSO Opere Senza Opera al Dada Boom di Viareggio, infatti l’opera
non è permanente ma viene continuamente modificata da chi vi partecipa. L’opera
si forma muovendo una limatura di ferro che ho prodotto bruciando delle
pagliette per pulire le pentole, con una calamita. La calamita andrà in cerca
dei dispersi e ne farà gruppo. Per superare situazioni o periodi di crisi
sociale ti devi raggruppare.
ARC – Mi ricordo una volta parlammo di Crollo in caduta libera.
BF – E’ un lavoro che ho esposto una
sola volta nel 2019 a Contemporaneamente
a cura di Factory Athena alla
Limonaia di Villa Strozzi a Firenze.
ARC – Per me si può esporre ancora, è un gioco
senza tempo, anche se non sembrerebbe.
BF – Eccolo qua, è un lavoro che non si
è concluso, il progetto è di portarlo ancora in vari luoghi per poter
registrare i pensieri e le frasi delle persone sul tema specifico per
collegarle a questo preciso periodo storico.
ARC – E’ un puzzle, bisogna ricomporlo con
tutte le sue tesserine. La scatola dice: IL COMUNISMO E’ A PEZZI DIVERTITI A
RICOSTRUIRLO.
BF – Sì, Crollo in caduta libera ironia su quel poco che c’è rimasto di
pseudo sinistra o come dice il professore Lorenzo Poggi <<Oggi sono
rimaste solamente le icone…>>. Mi piacerebbe che questo lavoro aprisse
delle discussioni, come si diceva una volta. Durante l’esposizione che è durata
più giorni, molte persone hanno partecipato, si sono sedute cercando le tessere
da comporre, ci siamo fatti delle grandi risate, peccato aver registrato
solamente una parte dei pensieri che sono venuti fuori, spero di trovare uno
spazio adatto per poterlo riproporre.
ARC – In quell’occasione parlammo anche dei lavori sull’assenza.
BF – Le prime due cartoline sulle
assenze, sono state Lourdes e la Pietà di Michelangelo, un tema che poi
ho sviluppato per l’expo allo Studio
Elisi di Livorno.
ARC – Cartoline in cui ha ritagliato alcune
figure.
BF – Affrontare
ed elaborare l’assenza mi crea dolore e straniamento, è un tema che si apre su
diversi livelli visivi o mancanze, ci mostra anche la precarietà della vita, di
come siamo così velocemente transitori. In questo caso spariscono simboli,
torte, bambini, madonne, poeti, è sparita anche tutta la basilica San Pietro a
Roma, faccio sparire i volti di tiranni come Adolf Eichmann e Furio, e quel
vuoto è pronto per essere sostituito da chiunque altro.
ARC – Queste ultime sculture invece come nascono?
BF - L’Aruspice è un progetto sulla relazione in solitudine.
ARC – Più che dei veri e propri corpi, sembrano
delle forme anatomiche che si aggrovigliano.
BF – Per questo l’ho chiamato Aruspice,
colui che legge il futuro tramite le viscere. Non è un vero atto sessuale, è
una visione d’incontro, una possibilità che forse conferma la solitudine,
l’impossibilità di condividere l’intero. Ma in fondo chi sa se qualcuno di noi,
un noi singolo riesce in tutta la vita a formare un intero da poter
condividere.
ARC – Questo dipinto non lo conoscevo. E’ l’Aruspice anche questo? Dipinto mi piace molto. C’è qualcosa di drammatico ma anche molto ironico, giocoso. La pittura è interessante.
BF – L’approccio è differente, quindi
anche il risultato finale, è una pittura di getto, il colore è steso velocemente,
la scultura ha un tempo e regole diverse, ma sono partita da questi dipinti per
la scultura.
ARC – Nonostante i temi, nei tuoi lavori c’è
molta ironia, gioco.
BF – Sì, mi
piace scherzare, essere leggera su temi che sento pesanti.
ARC – Due, con le musiche di Marco Lenzi, è uno dei tuoi video più recenti, esposto nel 2023 allo Studio Elisi. Parlami della sua genesi.
BF - Un lavoro
piuttosto recente. Sicuramente è un video a cui tengo molto. Due amici
mi hanno aiutato in questo lavoro, Marco Lenzi ha composto appositamente tre
brani, Tre rapimenti estatici, le
riprese sono state fatte da Michele Faliani.
ARC –
Assieme a Due, Io chiusi il mio cervello
è uno dei video per te più significativi. Me ne vuoi parlare?
Io chiusiil mio cervello è un lavoro dedicato ad Arthur Rimbaud, eseguito in
collaborazione con la scrittrice Katia Lari. Il video è stato pensato e
costruito su un testo scritto da Katia, Epilogue.
E’ ispirato alla potente rivoluzione compiuta dal poeta Arthur Rimbaud
attraverso e dentro la parola, le cui immagini rafforzano il brano di un testo
teatrale. Nel monologo Rimbaud si rivolge a Parola, che giace come morta, e per
lei rievoca il proprio itinerario: dal metodico e capillare sregolamento di
tutti i sensi fino alla mutezza.
ARC – Poi ad un certo punto arriva il Collettivo Superazione.
BF – Sono state due strade parallele,
insieme al mio lavoro personale c’è il lavoro fatto con il Collettivo Superazione. Quel lavoro che vedi appeso alla parete è
un po' la nostra sintesi: “Ognuno è Troia a modo suo”. Sì, forse è una frase
estrema ma è un bel pensiero filosofico riguardo gli esseri umani.
ARC – E’ il titolo della performance del 25
giugno 2022 alla CaMEC di La Spezia, durante la mostra dedicata a Giacomo
Verde.
BF – Sì, era il titolo della
performance, un progetto pensato con Giacomo Verde, siamo riusciti a
realizzarlo solo dopo la sua scomparsa, l’occasione della mostra a lui dedicata
è stata perfetta per omaggiarlo, si sarebbe divertito molto.
ARC – Quando avete iniziato?
BF – Nel 2016.
ARC – Far parte di un collettivo, come ha
cambiato il tuo modo di lavorare?
BF – Ha cambiato completamente il mio
modo di lavorare. In un collettivo si ascolta, ci si confronta, un progetto si
trasforma e cresce con il contributo di tutti, un arricchimento.
ARC – Come vi siete conosciuti, come è stato
l’incontro?
BF – Sentivamo il bisogno di mettere in
piedi un gruppo di lavoro che si occupasse di un’arte diretta, senza sconti,
senza curatori, avevamo una visione artistica comune, così ci siamo buttati con
entusiasmo e divertimento, eravamo orientati al lavoro delle performance. Per
diversi anni abbiamo organizzato eventi di performance, invitando tanti
artisti.
ARC – Oltre all’organizzazione c’è lo scambio
umano, intellettuale, pratico.
BF – Abbiamo
passato anni ad organizzare incontri o meglio veri e propri pranzi/cene in cui
poter godere del cibo per il corpo e per la mente, piatti di risate e
discussioni infinite, il lavoro serio è nato da un grande piacere di
condivisione, anni di amicizia fraterna.
ARC – Parlami di questi pranzi?
BF - Il progetto parte dalla
convivialità, i Superazione vengono ospitati in casa di qualcuno e preparano
opere artistiche da mangiare, spesso non commestibili ma intriganti
intellettualmente, sono state preparate gelatine con pezzetti di ferro
all’interno, acqua calda fatta muovere dal suono di una chitarra, una minestra
mangiata con cucchiai completamente bucati, pastina da minestra Kapitalista
bruciata.
![]() |
Reo Dada Katia Lari |
ARC – Dove li avete fatti?
BF – I pranzi Reo Dada li abbiamo fatti su invito a casa di Cantini
Mazzanti a Prato, di Carolina Roller a Lucca, di Lorena Sireno a Pisa.
Attendiamo con piacere di essere invitati ancora.
![]() |
Bucchiaio, Reo Dada, Barbara Fluvi |
ARC - 3Days, evento dedicato alla performance,
come nasce?
BF - La 3Days è
il nome dato all’evento riguardante le performance, è stato organizzato per due
anni consecutivi a Montelupo, alla Fornace Pasquinucci e un anno al teatro
Rossi occupato a Pisa. [1]
ARC – In seguito sono nate
collaborazioni.
BF – Superazione in collaborazione con Dada Boom, contemporaneamente ha portato
avanti anche RES NULLIUS, il MPDP Museo Popolare della Pineta a Viareggio. Abbiamo partecipato ad eventi
anche con dei progetti artistici propri come Canta Rabbia Gorizia/Siria, E’
una macchina curiosa. Nel 2017 su invito di Luca De Silva, alla facoltà di
architettura di Firenze abbiamo portato Il
tempio dell’incerto.
ARC – Anche in questo caso performance?
BF – Abbiamo preparato una
installazione per Il tempio dell’incerto,
una performance e un’azione per la biblioteca. C’è stata una performance
iniziale Non so chi sono di Santiago
Bruni e Tommaso Verde, che in qualche modo accompagnava le persone ad entrare
in una stanza dove avevamo allestito Il
tempio dell’incerto una stanza buia con un pavimento traballante e
instabile, si camminava su delle tavole/mattoni in cotto collocate sopra dei
sassi o piccoli legni, in modo che quando ci camminavi non riuscivi a stare in
piedi. Infondo alla stanza c’era un tabernacolo in marmo con sopra un ologramma
del DNA dell’essere umano, fatto da Giacomo Verde. Nella stanza quasi buia, si
sentiva solo il rumore dei mattoni che basculanti picchiavano sul pavimento, il
suono dei passi incerti delle persone che lo attraversavano somigliava ad uno
xilofono. All’ingresso c’era una tela dipinta divisa a metà. Ecco questa era la
porta. Una frase di Dylan Thomas <<La palla che lanciai giocando nel
parco ancora non ha raggiunto il suolo>> una frase di sospensione.
ARC – Uno stato di incertezza totale: non sai cosa sarà di te, cosa accadrà domani. La vita in fondo.
BF – La palla
non sappiamo se cadrà o se volerà per un tempo infinito.
ARC – Lavori tantissimo, tante idee, ma anche
tanti progetti. Forse non sempre con i mezzi che vorresti.
BF – Ahimè, in realtà quando progetto
sogno senza limiti, anche cose che non potrò mai fare con i mezzi che ho a
disposizione, poi mi sveglio e mi ridimensiono. Molti dei miei progetti al
momento sono irrealizzati, come la Carcozza
una cozza di un metro con le ruote che dovrebbe autonomamente seguire le
persone per strada tramite un sensore il calore umano; Due forze opposte trabant 601, vista per la prima volta dopo la
caduta del muro di Berlino, sembrava un giocattolo, per eseguire questo lavoro
mi servirebbero due macchine reali per poterle saldare insieme. Questo è un
altro esempio di studio sulle Due forze
opposte dell’impossibilità di movimento, della stasi, [esaminando l’azione
di due forze opposte agenti su uno stesso oggetto diremo che il vettore risultante
tra due vettori è nullo V+(-V)]; il Candito,
nato per il progetto Parterre di Livorno, un parco giochi per bambini mai
realizzato e molti altri.
ARC – Hai realizzato lavori anche in ambienti naturali.
BF – Sì, questi sono lavori che
riguardano l’ambiente naturale vegetale, come lo studio sulle muffe che può
essere inteso come passaggio, deperimento, morte; sulle spore dei funghi come
libertà del viaggio; Non toccarmi
come difesa dall’uomo; Centrini/radici per
sottolineare l’importanza del vuoto, ma anche di come la natura possa
trasformarsi in qualcosa di sognante/estraniante come Ivonne abita qui.
ARC – Parlami di E vuoto sia, i centrini/radici.
BF - Con questo lavoro ho partecipato
ad un evento collettivo Sottosuolo
organizzato da Lizzy Sainsbury a Montespertoli. E’ un’osservazione
sull’importanza del vuoto, che ho collegato al pensiero di Lucrezio <<Senza
d’ esso, difatti, le cose non potrebbero muoversi in nessun modo…>>. E’
importante che ci sia un vuoto perché le “cose” possano entrare, uscire,
passare o arrivare fino a noi. Attraverso delle sezioni di radici viste al
microscopio ho elaborato il lavoro, sembrano dei centrini e con questa tecnica
sono stati realizzati.
ARC – Invece Ivonne abita qui è stato realizzato per Imboscata 2022. Me ne Parli?
BF - Sono stata
invitata da Rachel Morellet a partecipare ad Imboscata 2022. Imboscata è un progetto ideato dagli artisti Rachel
Morellet, Shilha Cintelli, Eva Sauer ed Enrico Vezzi, l’evento si è svolto nel
bosco di Corniola vicino ad Empoli.
ARC – Anche con Dada Boom hai realizzato interventi in un’area naturale.
BF – Sì, con loro abbiamo portato
avanti per diversi anni molti progetti, nel 2018 abbiamo inaugurato il Museo Popolare della Pineta di
Viareggio, trasformando la pineta di levante in un museo aperto e partecipato,
una lotta contro la costruzione di una grande strada che collega la pineta al
mare. Al MPDP hanno partecipato tanti
artisti, un bel progetto concreto di Artivismo.
ARC – Non toccarmi, un altro lavoro con gli alberi,
BF – Non toccarmi vuole non essere tagliato, segato, sradicato,
asfaltato, ha degli aculei, spade per ferire chi vuole attaccarlo, rappresenta
un atto di resistenza. E’ stato pensato per il Museo Popolare della Pineta di Viareggio, un progetto nato in
difesa della pineta. Esistono in natura molti alberi che adottano un sistema di
protezione dagli animali o predatori in genere, come la Ceiba Speciosa, albero che ho visto per la prima volta all’orto
botanico di Palermo, oppure come il fusto della rosa, come le piante grasse, e
molte altre, io ho cercato di “armare” un nobile pino marittimo. Ho inciso e
affilato delle vere e proprie spade di legno lunghe trenta, quaranta
centimetri, montate poi su delle piccolissime basi unite assieme da un filo da
pesca. Non so se il mio forte desiderio di conservarlo abbia funzionato o meno,
ma il caso vuole che il guerriero non toccarmi dopo sei anni è ancora lì in
pineta tutto puntuto.
ARC – Sempre a MPDP, hai realizzato Oltre.
BF - Oltre è una
fionda di sette metri, pensata per il Museo Popolare di Viareggio, costruita e
cucita con camere d’aria.
ARC – Quanto è rimasto di quella ragazza che dopo l’Istituto d’Arte frequentava gli ambienti Punk, Berlino, gli squatter?
BF – Non sono la stessa persona, è
normale e auspicabile che con il tempo si cambi. Mi muovo in modo differente da
allora, con un'altra consapevolezza, ma ho sempre creduto che ci fosse la
possibilità di potere gestire le cose anche in altri modi, in questo posso dire
che c’è una continuità.
ARC
PER
APPROFONDIRE:
https://studioelisi.blogspot.com/2023/11/corpo-luogo-fra-relazioni-e-assenze.html
https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2022/06/imboscata-bosco-corniola-toscana/
https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2024/08/empoli-egozero-pontormo-lab/
SITO
UFFICIALE:
https://barbarafluvi.wordpress.com/
https://www.youtube.com/@barbarafluvi4718/xregexp
https://barbarafluvi.wordpress.com/opere/
COLLETTIVO
SUPERAZIONE:
https://superazione.wordpress.com/info/
https://superazione.wordpress.com/category/info-programma/
https://www.facebook.com/officinadadaboom/?locale=it_IT
https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=TWTjsr7Npsw
https://mostre.sba.unifi.it/archi-te/it/91/il-tempio-dell-incerto-10-novembre
VIDEO:
Sito Youtube tutti i video
Io chiusi il mio cervello Testo Katia Lari “Epilogue”– video montaggio Barbara Fluvi, 2015
Due riprese video Michele Faliani, montaggio Fluviale, musica composta da Marco Lenzi "Tre rapimenti estatici", 2022
[1]
Il
teatro è stato occupato da un gruppo studenti e precari dello spettacolo dal 27
settembre 2012 al 20 gennaio 2021