mercoledì 22 gennaio 2025

Conversazione con Federica Gonnelli



Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


Questa è una delle tante chiacchierate fatte in preparazione della mostra “Il nome dell’assente”. Ci incontriamo alla Sala Compolmi di Prato (N.d.R. Ottobre 2024) per la mostra Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04) a cura di Alberto Desirò,  a cui Federica partecipa con alcuni tra i dispositivi a doppia esposizione sui temi corpo, memoria, limiti, realizzati nei primi anni Duemila. L’occasione ci permette di rievocare quegli anni, comprendere come sono nati i progetti, come si sono sviluppati.  E, lasciare emergere nuove riflessioni.


La città sul fiume immobile, installazione,
Accademia Italiana, Roma, 2024-25



Federica Gonnelli (Firenze 1981) frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze nei i primi anni del nuovo millennio e scopre ben presto che nelle pratiche artistiche non esistono confini netti, limiti prestabiliti. Lascia quasi subito la zona di comfort che la disciplina pittorica rappresenta e recupera un nuovo senso dello spazio, del corpo, della memoria e da quel momento sperimenta altre pratiche. Sin dalle prime installazioni i dispositivi servono a far avanzare ipotesi, congetture, domande. I nuovi interrogativi la conducono a installazioni sul rapporto contenuto-contenitore, ricordo e memoria, riflessioni sul corpo e sull’identità, la rottura delle barriere e il superamento dei limiti. Sviluppa progetti sul superamento dei confini fisici e mentali i quali si mescolano a elementi biografici, suggestioni letterarie, tematiche sociali, temi come identità, memoria, limiti, superamenti dei confini saranno sviluppati sia nell’aspetto intimo, personale sia in una prospettiva collettiva. Nei primi lavori ripone oggetti o sculture in scatole di legno, sovrappone immagini fotografiche a doppia esposizione ottenendo sfocature concrete e metafisiche a vantaggio di un materiale fondamentale per i lavori futuri: l’organza. Dal 2007 fa parte con Francesca Del Moro, poetessa, traduttrice del collettivo ARTS FACTORY fondato da Adriana Maria Soldini narratrice d’arte, curatrice; nel 2011 apre a Prato il suo studio InCUBOAzione, occasione per lavorare con mezzi e tecniche differenti; dal 2015 attiva una serie di residenze, collaborazioni con territori e realtà differenti dal suo vissuto quotidiano. L’ultima esperienza in ordine di tempo “No project Room 80 giorni Art Residency” si è conclusa in questi giorni con la mostra “La città sul fiume immobile” a cura di Matteo Peretti e Bianca Catalano, presso Accademia Italiana, Roma.

 

Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


ARC - Iniziamo da quel concorso del 2003, a Livorno.

FG – Era un concorso organizzato dalla Provincia: di arte figurativa con tecniche tradizionali e non.

Io ho vinto il primo premio per arte figurativa ad immagini ferme con una piccola opera a parete.

ARC – Parlami di quest’opera.

FG – Era questa cassettina, molto piccola, all’interno un porta uovo con un uovo bianco su cui c’era questa figurina di donna accovacciata, sul velo d’organza una sagoma d’uovo. C’era questa velatura, questa sfumatura, quest’ombra che richiamava la forma dell’uovo. “L’unità di misura” era il titolo. Poi, quest’opera è entrata a far parte della collezione.

ARC – Per il progetto allo Studio Elisi si può partire da qui. Una delle tue primissime scatole contenuto-contenitore.

FG – Esistono due copie, la vincitrice del premio e un’altra. Potrei portare l’altra, perché no, è piccolina.

ARC - Un ritorno dopo ventuno anni.

ARC – Cosa avvenne dopo?

FG - In giuria c’era questa giovane storica dell’arte francese, Celine Charissou, che mi fece una serie di complimenti, mi disse: <<Ti vengo a trovare!>> <<Sì, figuriamoci!>> pensai. Dopo due o tre giorni, mi squilla il telefono: <<Ciao, sono Celine, sono a Firenze, come faccio a venire a casa tua?>> Era forse il 9 ottobre del 2003, in questi giorni, 21 anni fa. Le faccio vedere i lavori che avevo a casa. In quel periodo non avevo lo studio. Mi invita a Tour, con i suoi genitori aveva uno spazio, una vecchia chiesa sconsacrata, compresa la cripta, dedicato per le mostre, Chapelle Sainte Anne a Tours. <<Vieni a vedere!>>. Fatto sta che nella primavera successiva, il primo maggio parto. Io e la mia migliore amica Chiara, prima andiamo a Parigi, poi a Tour. Faccio foto delle stanze, che costituivano questo spazio, tornata a casa inizio a realizzare le opere. Ogni stanza aveva un tema. Erano i temi su cui lavoravo all’epoca: la memoria, in parte l’identità, i cinque sensi, poi c’era una stanza un po’ più ironica dedicata al tema del cibo, c’erano questi frutti strani con all’interno delle figurine femminili, le Baccanti, insomma c’erano tanti lavori.


Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


ARC – Una chiesa con cripta è una spazio considerevole.

FG – Cinque stanze. Molti di questi lavori li realizzai per quel progetto. Era così grande che alcune opere le ho ancora oggi: Orna-Mente, Orna-Mento.


Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


ARC – Quindi, molte delle opere che vediamo qui nacquero per quel progetto. Il titolo della mostra?

FG – Comment la grâce vient aux objets, come la grazia investe gli oggetti.

(N.D.R. Novembre 2005, a cura di Cleanne (Anne Cantaloube, Celine Charissou e Christian Charissou a cui fece seguito nel Marzo 2006, la personale Le corps dans tous ses e’tats, Galleria Meyer Le Bihan a Parigi, sempre a cura di Celine Charissou).

FG - E questa fu l’ultima opera che realizzai. (N.D.R. Mi sento a pezzi 2005, una serie di immagini raffiguranti parti del proprio corpo all’interno di scatole: testa, mani, piedi stampate su organza e carta; le scatole come elementi di un puzzle sono disposte su un pavimento di cemento, un po’ scomposte, irregolari a evocare un corpo a pezzi).


Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


ARC – L’organza, così come la doppia esposizione, sono presenti sin da subito nei tuoi lavori.

FG – Sì, è andata così. Sono partita dalla convinzione che avendo fatto pittura al Liceo, arrivata all’Accademia dovevo dipingere. Ho passato il primo anno a sperimentare, avevo già delle idee. In qualche modo c’era già il tema della velatura, della trasparenza e anche, in un certo senso, della trama, del tessuto. C’era sempre uno sguardo alla natura. Ho passato un anno così. Il professore, Giorgio Ulivi, passava e non diceva niente. Si arriva all’esame, dice poco, come al suo solito, poi: 24. Una tragedia. Mi dice:<< Te, ti devi sbloccare!>>. Non mi ricordo le parole precise, ma il senso era questo. Gli altri esami andarono molto bene, comunque quell’estate la passai a rimuginare. Poi quella è stata un’estate un po’ particolare. Fu l’estate che a Luglio ci fu il G8, la morte di Carlo Giuliani, mi rimase impresso. Con la mia amica con cui poi andammo a Parigi, eravamo al mare a Torre del Lago, ma si stava quasi più in casa che sulla spiaggia, la sera si andava all’Opera, giornate così. Giorni leggeri furono funestati da questo avvenimento. La cosa ci impressionò. Poi, nei giorni che stavo preparando il primo esame di Storia dell’arte: l’11 Settembre. 

Ricominciata l’Accademia, professor Ulivi era andato in pensione. Arriva Andrea Granchi. Ci mettono in una auletta piccolissima. Cambia tutto. Mi ritrovo a lavorare in un contesto diverso e inizio a concentrarmi su cose molto piccole. Ripensando ai discorsi fatti in sede d’esame, l’estate di riflessione, ripresi a fare le cose che facevo da bambina: i tessuti, le scatole, perché mi piaceva inventare, trasformare queste scatole dove all’interno mettevo altre cose o le decoravo in esterno.
Sembrava una sciocchezza, però sono partita da lì, dalle cose che mi piaceva fare da bambina.


Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


ARC – E, ti sei sbloccata. Il classico momento di crisi che diviene opportunità.

FG – Appunto. Iniziai a lavorare con i telai che si comprano già predisposti con la tela, di solito hanno uno spessore di un centimetro e mezzo. Toglievo la tela e ci mettevo un cartoncino dietro. In quel centimetro e mezzo iniziai a metterci degli oggetti o piccole immagini. A casa avevo dei tessuti, perché mia mamma era sarta, sono cresciuta in mezzo ai tessuti. Mio cugino, lavorava in una ditta, mi portava campionari, erano tutti tessuti piccoli, che andavano bene. Quindi, iniziai a tirare questi tessuti colorati al posto della tela sopra i telai. Poi, quello spazio risultò essere troppo poco e iniziai a mettere dei listelli, cercare più spazio, così sono nate le opere con profondità, anche di 15 o 20 centimetri, con oggetti di terracotta. Poi sono nati lavori più complessi, che non definirei in serie, mi piace più famiglie di opere, come in questo caso (N.D.R. indica le opere Orna-Mente 2006-2011 e Orna-Mento 2006-2011).

Fine 2001 inizi 2002, ero già indirizzata verso questo percorso.

ARC – Lo shock di quell’esame è stato il motore del cambiamento.

FG – Sì, non smetterò mai di ringraziare professor Ulivi. Poi, forse gli do troppi meriti, ma mi ha permesso di riflettere.


Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), Sala Compolmi, Prato, 2024


Ci spostiamo di fronte all’ L'Offerente immagine fotografica stampata su stoffa e organza, 2016 a cui è anteposta la scultura dell’oggetto/dono. L’immagine trae ispirazione dalla statuetta bronzea etrusca “L’Offerente di Pizzidimonte” del V secolo a.C., rinvenuta nel settecento nell’omonima località nei pressi di Prato ai piedi dei Monti della Calvana ed ora conservata a Londra presso il British Museum.

 

ARC – Parlami di quest’opera che abbiamo di fronte.

FG – Realizzato per una collettiva, Nel campo del vicino, a Vercelli nel 2017. Mi interessava realizzare un progetto che vertesse sul tema dello scambio, del dono. Sul confine nel riaspetto delle differenze, nelle reciproche necessità. Un oggetto che racchiudesse in sé il significato del pane e della manna. L’Offerente sovrappone al suo corpo l’oggetto ibrido che simboleggia il dono. Il dono è scambio, è dialogo, è connessione, è incontro.

ARC – Questo è un oggetto simbolo. Hai realizzato una sola scultura?

FG – Sono due, ma credo di aver sempre esposto solo questo.


Io, Frammenti: (Auto-ritratti #04), dettaglio,Sala Compolmi, Prato, 2024


ARC – In che materiale è realizzato?

FG – E’ silicone acrilico. E’ morbido ma non è morbido, ha una consistenza che mi interessa.

ARC – Invece l’immagine dell’Offerente? E’ molto pittorica.

FG – Per assurdo è dovuto al fatto che qui il velo è bianco, non c’è niente sul velo.

ARC – Ha già un progetto per lo Studio Elisi? Quando ci siamo viste a Luglio c’erano delle idee. Sono maturate? Hai cambiato progetto?

FG - Ho da qualche tempo questo progetto. Dovevo trovare il luogo adatto per poterlo realizzare. Si chiama Il nome dell’assente. Ha una conformazione per cui avevo pensato di portarlo in una residenza oppure una situazione dove si potesse creare un’interazione con le persone. Fin dall’inizio questa installazione era una serie di specchietti da disporre a parete che vengono illuminati da una luce mobile, l’idea di questo riflesso e della possibilità di specchiarsi “il nome dell’assente”. Poi mi interessava chiedere a chi si avvicinava, a chi entrava in contatto con questo luogo, al visitatore: <<Chi è l’assente?>>, un nome, una persona.

ARC – L’assente per chi si specchia. Un legame.

FG – Un legame. E poi da queste tracce, trarne un qualcosa da presentarne alla fine. Una traccia audio, che può diventare qualcosa di altro, anche più elaborato.

C’è questa evaporazione, cancellazione della testimonianza. Ci ho già lavorato. Si sente, si percepisce qualcosa che poi si scolora, nel quale si perde la presenza, anche il riferimento a chi l’ha detto, si arriva a qualcosa di anonimo, di oggettivo. Inizialmente era questo. Quando poi ho visto lo spazio di Sandro, ho pensato <<Ci potrebbe stare!>>
A questo punto, il progetto si è sviluppato per aggiunte. In contemporanea ho trovato dei riferimenti sull’assenza, altri sull’incognita, sulla x, molto interessanti. Ho immaginato una serie di piccole opere dedicate all’assenza da abbinare a Il nome dell’assente. Poi, si è aggiunta questa poesia di Francesca del Moro. In questa poesia c’è un verso che dice <<lago verticale>> e poi la soglia, la casa, la tenda, la mano. Questi elementi mi hanno ispirato. Ricreerò questo grande velo, un velo circolare di cui non si vede la fine. Poi, nell’ultima parte, verso la fine, quando entriamo in realtà non si vedono, metterò questi specchietti alle pareti.

Il nome dell’assente, installazione, specchi, cristallo e videoproiezione di luce in loop, dimensione d’ambiente, Studio Elisi, 2025


ARC – Lo specchio è frammentato, il velo rende tutto più sfumato, la percezione non è mai completa, totale.

FG – Sì. Poi c’è questo elemento che ancora non sono riuscita a creare. Lei parla di oltrepassare questo velo. Volevo fare un calco della mano. Mi piaceva l’idea di riprodurre il positivo in gesso.

Talvolta ho utilizzato i calchi, ho utilizzato il gesso, quindi mi interessava. Se non che, non ho ancora trovato qualcuno che me lo fa. Perché un conto è che io faccia il calco di un oggetto, un conto è la mia mano. Quindi ci sarà questa manina che si avvicina al velo. Poi, L’unità di misura, che non è del tutto estranea è una partenza, un’origine.

ARC - E’ comunque il ritorno di un assente. Ci sono due opere, quella che hai tu e quella in collezione della Provincia. C’è L’unità di misura e c’è il suo doppio che esiste da un’altra parte. E’ il suo doppio che torna, forse persino un suo sostituto, perché in fondo questo è stato, lo scambio di due stessi. C’è un assente e il suo doppio.

FG – Sì, è tutto abbastanza chiaro.

ARC – Riusciremo a fare tutto. Aver spostato la mostra a gennaio è stata una buona idea.

FG - Avevo questa residenza a Roma, N0 80 giorni Art Residency. Una residenza di ottanta giorni. Si sovrapponeva tutto. Avevo partecipato alla call, non pensando assolutamente di essere selezionata.


La città sul fiume immobile, installazione, Accademia Italiana,  Roma, 2024-25


ARC – Dov’è?

FG – E’ promossa da N0 Project Room e Ombrelloni Art Space, due entità che gravitano nella zona di San Lorenzo, Roma. In collaborazione con Accademia Italiana, c’è anche a Firenze, è una delle Accademia private più vecchie e Sa.L.A.D. Sanlorenzoartdistrict. Hanno uno spazio nelle ex Dogane dello scalo merci di San Lorenzo. Siamo ospiti nei sotterranei. Lo spazio è molto bello, c’è questo corridoio centrale, poi si sviluppano delle stanze, in modo irregolare, una grande una piccola. Interessante. Un po’scabro, affasciante.


Derivazione, installazione, Accademia Italiana, Roma 2024-25


ARC – Dato che abbiamo rimandato la mostra gennaio, più avanti mi saprai raccontare dell’esperienza.

ARC

Sito ufficiale:

Federica Gonnelli Portfolio

Blog studio Elisi:

Studio Elisi, Il nome dell'assente

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