lunedì 29 dicembre 2014

Corrispondenze - Giulia Sini 29/12/14

Cara Giulia,
da parecchio tempo l’instabilità pare essere una condizione permanente. Una condizione perennemente in bilico tra l’essere e il non essere in un gioco ad elastico dentro una vita precaria.
Quindici anni fa, iniziai una collaborazione con la Soprintendenza, al fine di catalogare le opere d’arte del territorio. Contratti saltuari. La collaborazione è finita dopo alcuni anni, per motivi che non sto qui a raccontarti, scelte obbligate: precarietà con il collare o senza. Ma non è questo che volevo raccontarti.
Il progetto di catalogazione è molto importante, ha come fine non solo il censimento dell’esistente, ma è possibile capire quali problemi di conservazione esistono per le opere d’arte, la necessità di un restauro,la prevenzione dai furti. Giri per i paesi, le chiese e i cimiteri, conosci gente e capisci non solo il patrimonio, ma il rapporto che questo ha con la comunità.
Una cosa, che mi colpì molto, in quegli anni, riguarda proprio le sculture. Non i dipinti e gli affreschi, ma le sculture.
Moltissime chiese della Sardegna, negli anni d’oro della Controriforma, si arricchirono di Retabli e sopratutto di sculture lignee in estofado de oro. Ritrovarle spesso tarlate fino alla consunzione o sapere che in tempi di rinascita economica erano state sostituite da sculture in cartapesta, che giacevano impolverate dentro sacrestie grigie e fredde, mi dava un senso di precarietà e disfacimento.
Ricordo una bellissima statua in estofado de oro, una Madonna con bambino, mi pare fosse la Madonna d’Itria, con braccia danneggiate e la parte inferiore del corpo mancante, un po’ annerita, come il pinocchio di Collodi, dopo essersi avvicinato troppo al braciere. Ci raccontarono (io in quel momento fungevo da assistente, il titolare era un caro amico) che era stata attaccata dai tarli, molto danneggiata. Parecchi decenni prima, -presumo negli anni del benessere e della plastica-, qualcuno avevano pensato bene di usala come ciocco per i fuochi di Sant’Antonio. Salvata dal rogo e restaurata era finalmente possibile ammirarla nel suo splendore, tranne che per quelle parti oramai bruciate, che mostravano i segni anneriti della violenza.
Per molte opere d’arte a tema sacro, il sacro prevale sull’arte e a cascata la venerazione dei fedeli sull’ idea di opera d’arte, la venerazione dell’oggetto sulla bellezza, l’oggetto infine prevale su tutto.
La plastica potrebbe venire in soccorso a tutto questo?
No. Ho scoperto di recente che anche la plastica non è esente da tali attacchi, non c’è niente di eterno neppure nella plastica. L’attacco di funghi, muffe e batteri può manifestarsi con la perdita delle proprietà meccaniche, erosione della superficie, perdita di peso e infragilimento, restringimento e formazioni di macchie, ci sono poi alcuni microorganismi si nutrono del polimero stesso.
L’era della plastica pareva essere la soluzione a tutti gli attacchi biologici esistenti per i materiali naturali eppure non c’è materiale più temporaneo, instabile e poco resistente della plastica.
Ecco, questa è la mia esperienza sull’ impermanenza che ha acceso interesse sui tuoi bambini Zoona.

Madonna degli angeli, Episcopio di Bosa,
Scultura lignea in estofado de oro, MUS'A, Sassari.


Cara Anna Rita
il ritardo con cui rispondo alla tua lettera mi ricorda quelle belle corrispondenze cartacee che ho avuto soprattutto con gente mai vista (precorrendo le amicizie sconosciute internettiane) che mi vedevano fissa col naso dentro la cassetta della posta o seduta sulle scale in attesa del postino per poter aprire una nuova invitante busta. All'epoca la gente la si raccattava su Topolino, e fra questa ebbi anche il mio bel maniaco maggiorenne olandese che mi voleva mandare le sue foto ignudo. Niente di nuovo sull'internet. Ma chi si è fatta aspettare stavolta sono io: è una casella in cui ricevo soprattutto spam, proposte per dare una smossa alla mia stagnante vita di coppia, premi da ritirare, convenientissime assicurazioni e via dicendo, sicchè erano alcuni giorni che non entravo a controllare.
Non sono cattolica, ma leggere della statua della Madonna usata come legna da ardere mi ha dato un brivido. Non credo che nel mio caso il sacro prevalga sull'opera d'arte -non ho molecole residue di idolatria- ma mi dà comunque pena. Non ho avuto questa fortuna di stare in mezzo alle cose antiche, mi sarebbe piaciuto molto. Tempo fa sono entrata in una casa appena acquistata da una mia conoscente. Era chiusa da decenni e lungi dall'essere ancora ristrutturata. C'erano rimaste poche tracce di vita di qualcuno che ci aveva vissuto prima che finisse nel limbo: un armadio degli anni che furono, immaginette sacre cupe, una statua della madonna messa in alto in un angolo, non certo antica ma piuttosto anziana, un disegno fatto a matita sul muro, di cui non ricordo più il soggetto, che fra tutte era la cosa più straniante, perchè era la cosa più viva, e nel contempo morta, di tutte.
Mi ha anche fatto venire in mente un vecchissimo discorso con un amico che ora non c'è più, che raccontava di cassapanche intagliate & Co. sostituite nei floridi anni '70 con fiammanti mobili in formica, in certe realtà di paese a cui lui era più vicino. Niente a che vedere con la statuaria, sia chiaro, ma come spirito siamo lì. Una confusione tra antico e vecchio. Tra prezioso e ingombro.
Mi ha anche ricordato una persona con cui mi intrecciai svariati anni fa, che mi disse di aver avuto una visione della Madonna, una volta, cosa che non indagai oltre a questa affermazione. Mi spediva bellissime cartoline lenticolari a soggetto sacro.
E infine mi ha rammentato un mio vecchio lavoro, appunto tra quelli di cui ho scansionato le foto cui ho fatto cenno nella scorsa lettera. Se non vado errando è del '97, nel contesto di un episodio di sculture itineranti. Costruii una "Santa, Vergine e Martire", di cui però non ho nessuna immagine che la ritragga indossata,  che mi valse gli insulti di una signora che animatamente  disse che non si prendeva in giro Gesù, e poi si scusò, ma credo solo per lo spavento di aver sentito una voce provenire da quella che sembrava una statua inanimata, e in seguito guadagnai svariate altre palpate -non escluso il fondoschiena- da persone che volevano sincerarsi se fosse vera o finta quando dovetti stare ferma per un tempo che mi parve interminabile. Ma il momento più surreale fu quando un musicista colombiano, in una parata all together, si avvicinò a succhiare le tettarelle. Dalla foto che ti invio si vede e si intuisce poco: era una sorta di torace apribile a mobiletto, con dentro una serie di eventuali reliquie insieme a un vezzoso e pizzoso utero. Si indossava tramite una sorta di imbracatura, aveva un paio di braccia addizionali aperte e accoglienti, e uno schermo bucherellato a coprire la faccia. Un vestito avvolgeva il corpo. Trascinava un trono su ruote ricavato dalla poltroncina di un vecchio seggiolone per bambini e non ricordo più cos'altro, a parte che ci avevo sistemato una decorazione a coronare il tutto con tanto di vegetazione secca e sonaglino per bebè. L'insieme era bianco e oro, se ben ricordo. Come puoi immaginare, anche questo è andato perduto. Il torace si è spostato un po' qua e un po' là, finchè è finito anche sotto la pioggia e si è marcito. L'ultima cosa che resisteva era la decorazione, piuttosto ingombrante, di cui mi sono liberata quasi un anno fa, senza rifletterci più.

Credo che stia riprendendo a piovere,
a presto.
G.

Giulia Sini, Santa, Vergine e Martire, 1997, scultura indossabile, materiali vari (legno, cartapesta, gesso, stoffa). Corredo: trono trascinabile (disperso)

Lettere:
Corrispondenze - Giulia Sini 16/12/14

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