lunedì 15 settembre 2014

Taccuino di San Pietroburgo condiviso con Igor Kopilov (prima puntata)

Racconto un viaggio che non ho fatto.
Il mio amico Igor Kopilov ha accettato di condividere con me le sue foto e gli appunti di viaggio a San Pietroburgo. Seguo una trama fatta di immagini che scorrono sul pc in un esercizio di rammendo linguistico: cucio insieme il racconto di Igor e i frammenti delle mie conoscenze. C’è di tutto, ciò che interessa a lui e ciò che potrebbe interessare me.

Alcune considerazioni su Manifesta 10

Leggo sulla piccola guida arancione bilingue, che Igor gentilmente mi presta, che in occasione dell’anniversario dei 250 anni dall’apertura, il Museo Statale Hermitage ospita dal 28 giugno al 31 ottobre Manifesta 10.
Manifesta è stata ideata negli anni ‘90 nei Paesi Bassi come evento “nomade” e piattaforma dinamica per lo scambio culturale, con la prospettiva di esporre, ogni due anni, in una città europea differente.
I propositi di questa edizione sono principalmente quello di introdurre all’interno dell’Hermitage l’arte contemporanea, con tutta la sua complessità e criticità. Per gli organizzatori, una occasione volta a riflettere sui cambiamenti che hanno avuto luogo all’interno dell’arte e della società a partire dalla caduta del Muro di Berlino, tenendo in considerazione l’attuale situazione geo-politica.
Naturalmente, ogni operazione di inserimento di opere contemporanee in un contesto storico monumentale ha sempre i suoi rischi. Un dialogo è tale se entrambe le parti hanno qualcosa di interessante da dire. Le opere contemporanee devono essere all’altezza, nel coraggio e nei contenuti, altrimenti il rischio è che il grosso mammifero Hermitage le inghiotta, senza neppure sputare l’osso. 
Forse, non è il caso di scordare che in questa “riflessione” la complessa situazione politica e sociale Russa non è uno sfondo, pensiamo solo all’omofobia, la censura e un’opinione pubblica molto spesso avversa ad un certo modo di affrontare il contemporaneo.
Sotto la direzione curatoriale di Kasper König, i due terzi della mostra sono allestiti presso il Palazzo dello Stato Maggiore, che per anni ha ospitato il Ministero degli Affari Esteri dell’URSS e oggi, dopo i recenti restauri, sarà il palazzo dell’arte moderna e contemporanea dell’Hermitage. Una restante e piccolissima parte dell’esposizione è ospitata presso il Palazzo d’Inverno. 
Gli artisti degli  undici progetti di Program Pubblic a cura di Joanna Warsza, provengono tutti da città dall’interno del Paese e dall’ex blocco sovietico Tallin, Vilnius, Varsavia, Kiev. Il tentativo della curatrice è quello di rompere la bolla di silenzio attorno alla realtà politica e l’attuale crisi russa. Altri eventi indipendenti tentano di promuovere la vita artistica e culturale locale, gallerie private, collettive e personali sparse per tutta la città.
Igor mi indica le opere che per lui sono risultate interessanti per contenuti, impatto emotivo, perché instaurano un dialogo con il presente attraverso la storia, con la realtà attraverso il contesto del museo. 
Chiaccheriamo di tutto, ma la prima opera argomento di conversazione è Abschlag di Thomas Hirschhorn.
E' la prima che si incontra all’ingresso del cortile dello Stato Maggiore.
L'enorme spazio aperto è il luogo più appropriato per questa operazione. Una facciata del Palazzo, occupa infatti il cortile interno, Hirschhorn la trasforma in un vecchio edificio di architettura sovietica crollato. Tutto attorno detriti e macerie rovinate al suolo.
Il fronte del condominio arredato alla russa, ha al suo interno ancora i mobili, come siamo abituati a vedere quando al tg passano immagini di bombardamenti, terremoti. Abiti, armadi sorretti da una sottile striscia di pavimento e alle pareti ancora calendari e quadri. Mai quadri non sono quadri qualunque. Nel palazzo sovietico, immaginato dall’artista svizzero, alle pareti campeggiano capolavori dei costruttivisti Malevic, Filonov e Rozanova, prestati all’artista dal Museo Russo. Un omaggio alle avanguardie sovietiche. Lo squarcio lascia intravedere cose e stanze dove scorreva un'altra vita, un'altra storia, un'altra Russia.
Chiudo questa prima parte con opera di Ilya ed Emilia Kabacov, Il vagone rosso (1991) donato al museo nel 2011. Ancora una volta il protagonisti dell’opera coincidono con il pubblico, guardano se stessi dal di fuori, in una finzione rappresentativa, un’evasione dalla realtà attraverso la visione della realtà stessa. Sono quelli raffigurati sul vagone i protagonisti di un'altra vita, un'altra storia, un'altra Russia?

A.R.C
I.K

Indice delle puntate:

Continua...

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