lunedì 15 settembre 2014

Piccoli tesori turritani (seconda parte) Altri spostamenti e altri rammendi.


Nella passeggiata notturna per Monumenti Aperti 2011, scelsi di illustrare le opere di Tavolara e Tilocca presenti nella basilica romanica di San Gavino. Non potevo concludere la serata senza rendere un doveroso omaggio al pittore turritano Mario Paglietti (Porto Torres 1865- Sassari 1943), che ha rappresentato un punto di riferimento importante per generazioni di artisti tra l’Ottocento e i primi del Novecento.

Mario Paglietti, Ritratto di Umberto I, 1891.
Monumenti Aperti è stata l’occasione per raccontare, se pure in breve, la sua figura d’artista, illustrarne, attraverso l’unica opera pubblica esposta in città, la pittura. Un personaggio amato e riferimento carismatico per i giovani Giuseppe Biasi e Filippo Figari, che ne frequentarono lo studio.
L’occasione di completare la passeggiata nel ricordo di Mario Paglietti si è concretizzata attraverso la mia idea, accettata dall’allora Assessore al Turismo, di collocare il “Ritratto di Umberto I” (1891), nel Palazzo del Marchese di San Saturnino, che sarebbe divenuto da quell’anno sede del Comune.
L’opera di proprietà dell’Amministrazione Comunale, collocata da prima nella Sala Consigliare, è stata in seguito relegata in anonimi uffici. 
“Ritratto di Umberto I” (1891) è l’esercitazione di un giovane artista (Paglietti ha 26 anni), interessato alla pittura realista, al ritratto e alla resa psicologica del soggetto. Non conosco l’origine della commissione, forse non ce n’è alcuna.
Porto Torres, in quegli anni è un piccolo comune (nel 1842 aveva ottenuto l’autonomia amministrativa da Sassari). Ci si voleva corredare dell’immagine ufficiale del re? Quale occasione migliore della presenza in città di un giovane talento, che proprio nella Capitale del Regno aveva svolto i suoi studi e che continuava ad esercitarsi attraverso l’uso di fotografie, ritraendo i monelli del paese, nature morte e paesaggi?
Paglietti ha da poco abbandonato gli studi all’Accademia Albertina di Torino. Studi che gli offrono la possibilità di disciplinare il suo spontaneo talento dotandolo di solide basi tecniche. Influenzato dall’esempio di Giacomo Grosso si orienta verso un linguaggio verista. Problemi familiari, lo hanno costretto ad un repentino ritorno in Sardegna, dopo soli due anni di studi torinesi. 
Il “Ritratto di Umberto I”, trae il riferimento iconografico da una foto, diffusa in tutto il Regno in occasione dei festeggiamenti per le future le nozze d’argento, previste per il 1893. Da questo ritratto fotografico, nel 1890, Fortunato Bagliolo, pittore di cui si conosce molto poco, aveva attinto per un dipinto commissionato dall’Università di Cagliari.
La figura del re è in uniforme da generale, secondo i canoni del ritratto aulico tardo Ottocentesco. Particolarmente riuscita appare la resa psicologica del personaggio, immortalato con espressione severa.
Il “Ritratto di Umberto I” di Mario Paglietti è dell’anno successivo, 1891[1]. Per il volto il riferimento iconografico è il medesimo di Bagliolo. La composizione, invece, appare notevolmente semplificata e la postura fa riferimento ad un’altra immagine fotografica del re.
Lo sfondo riconoscibile in una parete verde incorniciata da una modanatura rossa (forse la cornice di un quadro). Sotto è visibile, seppure in particolari più vaghi e appena abbozzati, la balaustra a bassorilievo, che nel Bagliolo è distinguibile in tutti i suoi dettagli.
Paglietti apporta una modifica sostanziale alla composizione, aggiunge un tavolino ricoperto da una tovaglia di raso verde, sul quale è poggiato l’elmo piumato. Per questa ambientazione, sembra che l’artista abbia utilizzato un’ immagine del re del 1875 ca.[2], forse un’immagine in uso all’Accademia Albertina. Ne deriva una postura del braccio sinistro sgraziata e rigida. Lo sguardo del re anziano rivolto verso un punto indefinito alla sua destra è quasi terrificato.
L’interesse di Paglietti per il vero si unisce ad una caratterizzazione psicologica profonda. In questo esercizio giovanile, che unisce studi accademici e passione per la fotografia sono evidenti tutte le sue doti di pittore verista.
Nella sua lunga carriera, Paglietti fu un richiestissimo ritrattista: famiglie aristocratiche facevano eseguire ritratti dei propri familiari e discendenti, per cui ritroviamo ritratti di Paglietti a Sassari, Tempio, Iglesias ecc. Negli anni tra Otto e Novecento è l’unico pittore operante a Sassari al di fuori dei decoratori e di qualche dilettante.[3] Punto di riferimento dei giovani Figari e Biasi, in seguito sarà amato e rispettato dai pittori delle più giovani generazioni. Alla sua morte nel 1943, Figari lo ricorda con affetto in una lettera a Tavolara[4].
A.R.C.

Argomento correlato: Spostamenti e rammendi



[1] Firma e data in rosso in basso a destra
[2] Raccolte Museali Fratelli Alinari, Firenze.
[3] Cfr. G. Altea, M. Magnani, La collezione d’arte della Provincia di Sassari, Nuove acquisizioni 1996-1998, p.15
[4] Carissimo Tavolara,
Roma, 27-08-43
ho ricevuto tre lettere tue: una prima del 20 alla quale ho subito risposto; poi una precedente del 14 ed oggi una del 23 con la notizia assai triste della scomparsa del vecchio amico Mario Paglietti.
Quanti ricordi, quasi della primissima giovinezza, mi legano a questo esemplare, scontrosa e buona in fondo ed entusiasta figura d’artista cui la vita ha riservato più dolori che vere gioie e che nella vita stessa ha trovato solamente quel posto, una specie di guscio operoso, adatto alla sua indole semplice, ricca di umanità intrisa di amarezza, soddisfatta delle cose più modeste e meschine. L’arte sua è stata uno specchio fedele di quest’anima e di questi gusti: basta pensare con quanto disagio si affaticasse talvolta ad espimere lussi e orpelli, ad immaginare un mondo che non fosse il suo; e con quanta intensità e succo pittorico riuscisse invece a ritrarre l’anima di umili cose ed eccellente perfino nella resa degli stracci di un mendico. Ho seguito in questi anni il rapido declinare della sua vita; guardava giungere la fine con serenità, ma non pensava fosse prossima, interessandosi vivamente alle cose quotidiane del nostro mondo. La sua scomparsa addolora tutti noi sinceramente (...)
 la lettera continua
Aff.mo Filippo Figari
Provvederò per carta e buste. Ho trovato un po’ di chiodi, cerniere, viti ecc.

Lettera pubblicata su G. Altea, M.Magnani, Tavolara, Ilisso, Nuoro,1994, P. 264




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